Smistamento Lysandeer Gray

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    Lysandeer Gray « It's just a spark but it's enough to keep me going »
    PENSIERO: "#COLORE" - PARLATO: -#COLORE-
    Ogni piccolo singolo maghetto trascorre la sua infanzia ad aspettare la sua lettera di ammissione ad Hogwarts e naturalmente anche io avevo aspettato. Ricordo che appena compiuti gli unidici anni passavo intere ore davanti alla finestra del salotto ad aspettare che un gufo bussasse con il becco contro il vetro per consegnarmi la mia lettera. Di gufi ne bussavano tanti e ogni volta, scoprire che non si trattava di ciò che stavo aspettando era stata davvero una grande delusione. Alla fine però era arrivata ed il giorno primo di settembre, come ogni altro bambino della mia età mi trovavo di fronte al treno rosso e nero con la locomotiva che già fumava. Quella mattina ne avevo combinata una delle mie, una marachella ogni tanto non faceva male a nessuno, diciamo che io ne facevo più di “una ogni tanto” ma era più forte di me, a volte non riuscivo davvero a trattenermi. Poco prima che mio fratello maggiore chiudesse il suo baule avevo preso le sue camicie dell’uniforme scolastica e le avevo tinte di rosso, mio fratello era un Serpeverdere e di sicuro sarebbe stato orribilmente sconvolto nel vedere le sue accuratamente lavatate, stirata e piegate camicie marchiate del colorre della Casata che per antonomasia era antagonista dei Serpeverede. Nemmeno lavarle avrebbe potuto farle tornare del loro colore bianco candido orginale, avevo usato una tinta indelebile comprata a Diagon Alley lo stesso giorno che i nostri genitori ci avevano portati a fare acquisti per la scuola. Più che una marachella il mio era stato un vero e proprio atto di vendetta, a lungo premeditato e pianificato nei minimi dettagli a dire il vero, volevo vendicarmi per il trenino incantato a vapore che mi aveva rotto qualche settimana settimana prima, lui diceva di non averlo visto ma io sapevo benissimo che ci aveva camminato sopra di proposito.
    Non correva buon sangue tra noi due, non sapevo esattamente a che cosa fosse dovuto questo nostro astio, forse era perché lui era il figlio perfetto, quello che mio padre elogiava sempre e sempre mi spronava a prenderlo come esempio e a seguire le sue stesse impronte. Già ad undici anni suonati avevo perso il conto di quante volte lo avevo sentito dire “Lysandeer perché non sei come tuo fratello!”. A quanto pareva era un grande cruccio per lui.
    Avevo salutato i miei genitori di fronte al treno rosso e nero dalla locomotiva fumante, mia madre aveva cercato di sistemare un ciuffo di capelli ribelli che proprio non ne volavano sapere di stare in ordine ed erano sempre pronti a tornare dritti non appena lei ritirava la mano, ricordo che mi aveva dato un bacio sulla guancia e mi aveva brevemente stretto in un abbraccio. Era stato davvero un abbraccio breve in quanto mio padre l’aveva subito rimproverata di non essere così sentimentale e di non trattarmi come un bambino visto che ormai ero praticamente un uomo. Era un uomo duro mio padre, con gli occhi azzurri come i miei anche se il suo sguardo era molto più freddo e severo. A quei tempi ero ancora molto più alto di me e quando mi squadrava dall’alto in basso mi incuteva non poco timore.
    Il viaggio in treno era stato tranquillo, per la maggior parte del tempo avevo osservato il paessaggio scorrere veloce fuori dal finestrino, ma io sapevo già perfettamente che cosa mi aspettava. Indossai la mia uniforme immacolata poco prima dell’arrivo e mi nascosi in uno scompartimento pieno di bauli, mio fratello di certo si sarebbe accorto del danno che gli avevo causato e mi sarebbe venuto senz’altro a cercare per farmela pagare. Saltai giù veloce non appena il treno cessò la sua corsa e andai a mimetizzarmi tra gli altri studenti del primo anno prima che potesse trovarmi.
    La Sala Grande era esattamente come l’avevo immaginata, "meravigliosa" e come molti altri bambini accanto a me i primi momenti là dentro li passai con il naso rivolto al soffitto e solo quando giunse il momento di fermarsi di fronte al tavolo degli insegnanti in attesa che il mio nome venisse chiamato e che il Cappello Parlante mi fosse posato sulla testa, in quegli interminabili lunghi minuti di attesa, mi concessi di rivolgere un’occhiata ai tavoli attorno a me, individuando subito lo sguardo di mio fratello che mi fissava con il viso rosso di rabbia. Non riuscì proprio a trattenere un sorrisetto soddisfatto. Il mio non era stato un atto dettato propriamente dalla cattiveria gratuita, mi era stato fatto un torto, nessuno ero stato dalla mia parte e allora avevo trovato il modo di farmi giustizia da solo. Non potevo nascondere a me stesso che avevo provato quasi un brivido di piacere nell’escogitare la mia piccola vendetta.
    «Gray, Lysandeer»
    Quando la voce dell’insegnante chiamò il mio nome mi feci largo tra i ragazzini ancora in attesa e andai a sdermi sullo sgabello, il Cappello Parlante mi venne calato sulla testa e per la prima volta da quando avevo ricevuto la mia lettera sentì l’ansia attanagliarmi la bocca dello stomaco. Tutta la mia famiglia era stata Serpeverde, se fossi stato smistato in un’altra Casata sarebbe stata di sicuro una grande delusione per mio padre, l’ennesima ricevuta per mano mia. Da un lato quindi speravo che il Cappello capisse che mi avrebbe reso la vita molto più facile se mi avesse smistato là dove tutti si aspettavano, dall’altro invece trasgredire alla tradizione di famiglia mi averbbe fatto più piacere di quanto avrei osato ammettere con me stesso.
    «Mettimi dove vuoi basta che fai in fretta!»
    Bisbigliai nervoso con i palmi delle mani stretti attorno al bordo dello sgabello di legno sudati per l’agitazione.
     
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    You might belong in Gryffindor,
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    Their daring, nerve, and chivalry
    Set Gryffindors apart


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