Get on me

Grace x Daniel

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    Grace Lewis-Tisdale
    « GRIFONDORO - V ANNO - MEZZOSANGUE - PAPRIKA »
    Avete presente quando avete appena compiuto undici anni, siete dei bambini pieni di emozioni ed aspettative e ricevete la vostra meravigliosa lettera da Hogwarts? Io ricordo quel momento come fosse ieri. Avevo dei codini alti che mi aveva fatto la mamma ed eravamo in giardino con Am e Lo, litigando su chi dovesse essere il condottiero capo nella nostra prossima missione. O meglio, io ed Amelia litigavamo, mentre Lorcan ci lanciava delle palline di fango. Effettivamente era molto maturo da parte sua... Comunque, ricordo di aver urlato di gioia per tutto il giorno quando ci arrivarono le lettere e la prima, primissima immagine che mi si accese in mente fu quella delle foto della Sala Grande che i miei genitori ci avevano fatto vedere.
    Quel posto, nella mia immaginazione, era l’immagine rappresentativa di tutto il castello e di tutta la mia esperienza lì dentro. Era il posto in cui tutte le Case potevano riunirsi e passare dei momenti insieme, il luogo in cui scappavo, durante il mio primo anno, sperando di trovare mio fratello, il luogo sicuro in cui avrei sempre trovato il conforto di un amico, o di un buon panino, del fuoco o anche solo del soffitto incantato. La Sala Grande era il mio luogo, da sempre. Per questo mi piaceva passarci più tempo di quello che avrei dovuto e finivo sempre per trovarmi lì, quando camminavo senza meta.
    Quel pomeriggio le cose erano andate all’incirca allo stesso modo. Avevo appena finito gli allenamenti di Quidditch e la cosa mi metteva sempre una fame infinita, quindi ero stata nelle cucine - sssh non ditelo a nessuno, ho qualche aggancio che ha degli agganci - avevo sgraffignato un panino e me lo ero messo nella tracolla. Sì, era insieme ai libri e agli appunti, non ci avevo pensato, ok?
    Poi avevo salito le scale - questo lo ricordo - ma ad un certo punto...puff! Eccomi che ero in Sala Grande. E dal momento che ormai ero lì, sarebbe stato un peccato non approfittarne, no?
    Quindi mi incamminai verso la seconda tavolata, quella che a quell’ora del giorno aveva la luce migliore - le sapevo tutte, ormai - e mi sedetti, lanciando la tracolla sul tavolo.
    Uno ad uno iniziai a tirare fuori gli strumenti del mio personalissimo mestiere: la piuma, le pergamene - ogni tanto mi sarebbe toccato studiare o gli esami li avrei fatti con i piedi, quell’anno - ed il protagonista, ovvero il mio bellissimo e buonissimo panico.
    Ma per tutte le unghie incarnite della prozia Prudence! Esclamai, forse con un tono un pochino troppo alto. Era successa una cosa gravissima, a cui non sapevo come porre rimedio senza rovinarmi l’esistenza: il ripieno del panino era uscito ed aveva sporcato tutto.




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    Daniel
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    « MY TRADEMARK SAYING IS PROBABLY VAS HAPPENIN?!»

    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    L'ora del tè si era avvicinata e Daniel non poteva non esserne contento, adorava il fatto che in quel Castello comparisse cibo all'improvviso e che anche durante il pomeriggio ci si poteva riempire la pancia; pancia che - come sempre - brontolava a più non posso. Il cibo per il Tassorosso era tutto, dopo sei anni ad Hogwarts non aveva smesso di sorprendersi nel vederlo comparire più e più volte quasi come se fosse la mano del Re Mida che trasformava tutto in oro al suo tocco; il suo gusto preferito era sicuramente il dolce, più del salato, ma non avrebbe mai fatto a meno di nessuno dei due. Con la borsa in spalla, fiero del fatto che il sesto anno fosse uno dei più leggeri, si avviò verso la Sala Grande, aggiustandosi i lunghi e lucidi capelli scuri. Adorava i suoi capelli, li curava come se fossero dei bambini di cui prendersi cura ed erano il suo vanto, oltre alle ciglia super folte che rendevano calamitico lo sguardo. Avanzò fiero con un sorriso gigante sulle labbra, raggiungendo il tavolo di Tassorosso, come ogni pomeriggio studenti di più case si erano mischiati tra loro e avevano preso posto ad ogni tavolo possibile. Guardò con disgusto una biondina Grifondoro - seduta al suo tavolo - quando prununciò qualcosa di vomitevole.
    - Oh mamma, le ho sentite tutte...ma con tante espressioni, proprio le unghie incarnite di una prozia!?-
    Fece l'imitazione di un conato di vomito, appoggiando la borsa sul tavolo di legno, accanto alla Grifondoro.
    - Tergeo -
    Agitò la bacchetta muovendo solamente il polso. L'incanto avrebbe dovuto ripulire tutto da cima a fondo, era un incantesimo del secondo anno e di facile utilizzo. Alzò lo sguardo sulla ragazza e rise sghembo.
    - Tanto carina quanto pasticciona, eh biondina? -
    Il suo sorriso sornione avrebbe fatto sciogliere anche le persone più scettiche, Daniel era un personaggio simpatico, difficilmente riusciva a generare animi di rabbia nelle altre persone, anche se forse - alle volte - sarebbe potuto risultare fastidioso per il modo confidenziale di fare.
    - Non preoccuparti, anche io combino guai dalla mattina alla sera.-
    Lui ed Eliot ne combinavano di ogni, spesso erano tornati carichi di fango per via della pioggia - si rotolavano nei prati come maiali -, saltavano nelle pozzanghere, mangiavano sporcandosi una volta sì e l'altra pure. Forse Eliot era addirittura più composto di lui. Si accomodò vicino alla ragazza versandosi del tè nella tazza apparsa di fronte a lui e afferrando uno dei biscotti al burro dal piatto principale.
    - Secondo me ti converrebbe buttarlo quel panino o darlo al tuo animale, qui ci sono tante cose buone.-
    Addentò il biscotto in men che non si dica, stava davvero morendo di fame e nessuno avrebbe dovuto interrompere la sua merenda delle 17.00.


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    Dovete sapere che, per quanto mi riguardava, il fatto che il cibo fosse il Dio non troppo segreto dei Tassorosso era una grande fandonia. Il cibo era il sommo Dio di chiunque avesse un dannato cervello! Ed io amavo il cibo, tanto che sognavo di addentare quel panino da quando mi era stato affidato. Che madre snaturata che ero, avevo lasciato che soffrisse in silenzio, nella mia borsa, senza fare niente per aiutarlo!
    Stavo cercando di rimediare in qualche modo, quando sentii una voce. Eh?
    Alzai lo sguardo, abbandonando il mio piccolo figliolo morente per ritrovarmi a guardare un moretto tutto smorfiette e sorrisi. Per carità, sorrisi carini, ma sempre inopportuni. Non si era accorto che noi stavamo soffrendo?
    Senti, carino – esordii, puntandogli un dito contro il viso e muovendolo a descrivere ripetutamente un cerchio, che sarebbe andato ad indicare il volto del ragazzo che avevo di fronte – Non è che puoi venire qui, col tuo bel faccino, a ridere delle disgrazie altrui con quel sorrisetto smorfioso, sai? Io sono in lutto! Lui era il mio panino post allenamento! Il panino post allenamento è sacro e tu lo hai appena ucciso! Ok, io lo avevo ferito gravemente, ma magari avrei potuto salvarlo!
    Indicai il contenuto ormai pulito della borsa. Non c’era più niente da fare, presi quello che restava del mio spuntino pomeridiano con la punta delle dita e lo posai lontano, pronto per essere buttato. Riposa in pace, amico. Sussurrai, mimando un saluto militare prima di tornare a guardare il mio personale assassino di panini. Non sapevo chi fosse, anche se avrei giurato di averlo già visto in giro da qualche parte. Ad Hogwarts non sarebbe stato difficile, in fondo, bastava essere amici di amici, parenti di amici, amici di parenti, amici di parenti di amici. Insomma, quel castello si trasformava in un paese in men che non si dica, molto spesso.
    I miei compiti ti ringraziano, però. Decisi, dopo un’attenta analisi. Effettivamente non dover ricominciare dall’inizio il tema di Storia della Magia non sarebbe stato affatto male, soprattutto considerando che avevo copiato una buona parte dagli appunti di mio fratello a colazione.
    Io potrei pensare di farlo se mi passi quel muffin al cioccolato che mi sta guardando voglioso. Non vedi come è triste di essere più vicino a te che a me? Vuole essere morso, grrr. Sì. So cosa state pensando, ma purtroppo non posso negarlo. Avevo mimato il verso di un animale che morde la sua preda, con tanto di gesto della mano a mo’ di felino pronto a graffiare. Ma io non c’entro, ok?! Avevo fame! Lo avevo detto che non avevo fatto il mio spuntino post allenamento! Avevo bisogno di zuccheri! E poi non mi era mai importato molto di cosa pensasse la gente di me, per fortuna.
    A proposito: com’è che ti chiami? chiesi, agguantando un biscotto nell’attesa ed infilandolo tutto in bocca.
    Avevo completamente ignorato il fatto che mi avesse definita “carina”, ora che ci penso, ma credo che fosse per il semplice fatto che lo interpretai più come un modo di dire, piuttosto che una vera affermazione. Nessuno mi aveva trovata mai bella, quindi sarebbe stato assurdo risultarlo in un momento imbarazzante come quello. Ero simpatica, pazza, tremendamente forte sulla scopa, ma non bella. Le ragazze belle erano altre ed io lo sapevo benissimo, ma soprattutto mi andava bene così. Ad ognuno il suo, no?




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    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    Daniel non aveva idea di chi fosse andato a beccare quel pomeriggio, vide la ragazza puntargli il dito contro e si trattenne dal riderle in faccia, non le sembrava affatto minacciosa ma non voleva sembrare scortese, anche perché non lo era per niente. Alzò le mani in segno di resa e con fare scherzoso ascoltando ciò che la ragazza aveva da dire. Sì, era decisamente pazza, specialmente per il saluto militare che dedicò all' "amico". Abbassò l'avambraccio sinistro portando il dorso della mano davanti al labbro.
    "Non devo ridere. N o n - d e v o - r i d e r e."
    Serrò le labbra tirandole all'indietro, mordendosele leggermente per cercare di far passare la sensazione di divertimento che gli stava attanagliando il corpo. Per fortuna si era seduta anche lei e gli aveva chiesto di passarle un muffin, stava per afferrarlo e porgerglielo quando il verso da gatto prese possesso della ragazza e a quel punto fu impossibile non ridere. Si voltò verso di lei porgendole il muffin al cioccolato, continuando a ridere a crepapelle. Non poteva credere che ci fosse in giro una ragazza così spontanea.
    - Hai ragione, questo muffin era proprio triste al mio fianco. -
    Continuò a ridere dandole ragione e afferrò anche lui un bel muffin al cioccolato, ricco di gocce fondenti. Adorava il cacao, i dolci, oddio sì ne avrebbe mangiati in quantità industriali! Daniel era il tipico ragazzo che una volta entrato da Mielandia comprava di tutto e di più, si faceva scorte su scorte di dolciumi e li portava in piccoli sacchetti di carta nella sua borsa per qualsiasi evenienza, che fosse per stare alle partite di Quidditch o per le uscite del sabato e della domenica o durante le lezioni, non faceva differenza; lui aveva fame a quasi tutte le ore del giorno e della notte, specialmente dopo il giusto allenamento. Non si "allenava" da un po' in effetti.
    - Mi chiamo Daniel Zawiya, origini arabe e pakistane. Ormai è il mio biglietto da visita per via del cognome! E tu, biondina?-
    Alzò il muffin a mo' di bicchiere per la presentazione e le versò una tazza di tè bollente, sarebbe stata una merenda interessante con quella pazza al fianco. L'osservò per bene riconoscendola: lei era la Tisdale adottiva, quella con il gemello conquistatore. Oh sì, li aveva visti, quelle due teste ossigenate non passavano di certo inosservate, specialmente perché - per fortuna - riuscivano a distinguersi dall'armata dei Tisdale principale. Avvicinò la tazza fumante alle labbra dopo aver dato un bel morso al suo muffin.



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    Grace Lewis-Tisdale
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    Ma…stava davvero ridendo? No, chiedo seriamente: quel tipo stava davvero ridendo di me? Non potevo crederci! Ma che affronto! Spalancai la bocca, incredula, anche se devo ammettere che la sua risata era piuttosto contagiosa, quindi dovetti trattenerne una a mia volta, mentre continuavo a fare l’offesa.
    Smettila immediatamente di ridere! Urlai, ancora con la stessa espressione a metà tra il divertito e lo sconvolto, afferrando un biscotto ai cereali da un vassoio e tirandoglielo contro. Ho detto smettila! Ed un altro biscotto decise di sua spontanea volontà di lasciare il vassoio per andare ad incastrarsi nei capelli del ragazzo. Subito! Presi un altro biscotto, sempre con l’intento di lanciarglielo, ma mi fermai giusto in tempo, quando notai che era quello con le gocce di cioccolato. Sprecare in quel modo il cioccolato sarebbe stato un crimine contro l’umanità. Così lo guardai bene, per poi addentarlo e decidere che fosse sufficiente così, per il momento. soprattutto perché mi stava porgendo un muffin d’ulivo. Cioè no, era il muffin che io gli avevo chiesto prima, ma fungeva da ramoscello d’ulivo. E poi immagino che ci sia anche l’olio d’oliva nei muffin, quindi il tutto aveva estremamente senso.
    Vedi, Daniel Zawiya di origini arabe e pakistane, avresti potuto essere perdonato con quel muffin e invece hai voluto strafare e ti toccherà impegnarti di più. Dissi, cercando di restare seria. Ancora non avevo deciso se mi desse fastidio o meno che mi chiamasse “biondina”, anche perché io bionda lo ero davvero. Era la parte dell’ina che mi lasciava un po’ perplessa, ma per il momento avevo deciso di non dargli peso, gli avrei concesso il beneficio del dubbio, ecco.
    Io sono Grace, perché sono estremamente aggraziata, come puoi vedere – mi indicai appena, spostandomi con finta vanità i capelli dietro le spalle – Elizabeth, perché mia madre era fissata con i doppi nomi e credo che fosse anche quello di mia nonna; Lewis perché era il cognome di papà e Tisdale, perché sono stata adottata e questo è il cognome del mio nuovo papà. Sorrisi, un sorriso tranquillo, questa volta. Non c’era mai amarezza quando parlavo della mia famiglia, nemmeno se mi ritrovavo a nominare i miei genitori biologici, solo tanto amore ed un’immensa gratitudine verso il mondo, che mi aveva regalato due famiglie splendide e la possibilità di avere una seconda chance, nella vita.
    Ma tu puoi chiamarmi Grace, moretto. Ma se mi uccidi di nuovo un panino per te sarò la signorina Tisdale, chiaro? Lo minacciai, con il mio solito dito – al momento però sporco di cioccolato sul polpastrello – finendo però per scoppiare a ridere.
    Feci un segno con la testa, per ringraziarlo del the e presi un sorso. Era piacevolmente caldo e rassicurante. Mi piaceva tanto il the. Ma tu hai tipo solo le origine in Africa, o ci hai anche vissuto? Chiesi, guardandomi le mani. Non capivo perché il manico della mia tazza fosse sporco…uh, il dito! Aspetta… - Mi fermai, mentre mi leccavo via la cioccolata dal dito, pensierosa – Dov’è che si trova il Pakistan?





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    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    Non seppe smettere di ridere, specialmente per il modo isterico di fare della Grifondoro che sembrava un mix tra il divertito e scioccato. Afferrò al volo il biscotto ai cereali che la ragazza aveva lanciato e lo poggiò sul piattino del servizio da tè. La ragazza stava per lanciargli contro un altro biscotto quando si fermò, l'osservò e decise di addentarlo.
    "Questa è tutta pazza"
    Daniel non sapeva cosa pensare effettivamente di quel comportamento, di pepe ne aveva davvero da vendere ma anche a livello di squilibrio mentale non scherzava. La trovava buffa però, aveva un modo un po' goffo di fare ma la trovava particolare proprio per quello.
    - Non si spreca il cibo così, sai?-
    Afferrò il biscotto dal piattino e gli diede un morso, i suoi gli avevano sempre insegnato a non sprecare nulla, soprattutto non dei biscotti così buoni e preziosi. Rise alla frase sullo strafare e ascoltò in silenzio - mentre mangiucchiava il biscotto - tutta la storia del nome della ragazza; non la interruppe, sebbene pensasse che non gli servissero tutte quelle informazioni anche perchè in molti sapevano la storia dei due gemelli adottivi. Non volle infierire ridendo sul nome della ragazza che era decisamente contrapposto alla goffaggine che la caratterizzava.
    - Sissignora, la prossima volta le salverò il panino, promesso.-
    Le sorrise sornione e rise osservando il dito circolare davanti al suo naso, sporco di cioccolato tra l'altro. Fece per dirglielo ma la vide poggiare le mani sulla tazza e sporcare tutto, di nuovo.
    - Sei proprio una pasticciona, Grace.-
    Scoppiò in una risata sincera e le porse un fazzoletto, portandosi poi una mano alla fronte alle successive affermazioni e domande. Non che lui fosse una cima in geografia ma almeno le basi sul non confondere i continenti e le nazioni...
    - Allora, mio padre è originario dell'Arabia Saudita non dell'Africa. Comunque no, io non ho mai vissuto lì ma ci vado a trovare i parenti ogni estate, poi ci spostiamo in Pakistan che si trova a sud est dell'Arabia Saudita. In termini più pratici, se si prende un aereo babbano, ci vogliono 6 ore per arrivare in Arabia Saudita e 8 per arrivare in Pakistan. -
    Non avrebbe saputo spiegarglielo diversamente, sapeva solo che con la materializzazione dei genitori riuscivano a non impiegarci così tanto tempo, anzi. Il viaggio non era brevissimo ma almeno non durava quasi mezza giornata, non invidiava per niente chi non poteva smaterializzarsi, che fosse tramite i genitori o meno. La vide leccarsi l'indice e scosse il capo, prima di toccarle la fronte con la punta del dito, sospingendola all'indietro.
    - Perché non ti comporti un po' più elegantemente, Grace? Hai un bellissimo nome e sei carina ma se fai così scappano tutti.-
    Ciao sono Daniel e non ho per niente peli sulla lingua ma amo tutti. Le sorrise divertito.


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    Presi il fazzoletto, per pulire la tazza e le mie mani, ascoltando la spiegazione di Daniel. Credo di essere arrossita un po’ nel realizzare di aver completamente sbagliato continente, chiedendogli delle sue origini, ma giuro che non era stata del tutto colpa mia! Che volpa ne avevo se non avevo mai avuto modo di lasciare la Gran Bretagna? Mi sarebbe piaciuto molto viaggiare, in realtà, lo trovavo estremamente stimolante ed ero sicura che con la mia futura carriera di giocatrice di Quidditch professionista avrei potuto realizzare il mio sogno. Sarebbe stato perfetto: un lavoro che amavo e che mi portava alla scoperta del mondo. Non vedevo l’ora di uscire da quel Castello per iniziare a vivere il futuro.
    Quando però il Tassorosso aggiunse la sua ultima frase smisi di fare merenda – stavo ancora bevendo il the e finendo quel delizioso muffin al cioccolato – e lo guardai, inclinando la testa di lato, come per cercare di afferrare meglio quello che mi stava dicendo.
    Perché non ti comporti un po’ più elegantemente, Grace? Hai un bellissimo nome e sei carina, ma se fai così scappano tutti.
    Non so perché, ma rimasi particolarmente colpita da quella frase. Forse per quello che era successo alla festa di Halloween o perché ero ancora in lutto per il mio panino, ma gli diedi più peso di quanto avrei fatto in qualsiasi altra occasione, credo. Lui aveva un sorriso divertito, sul viso, probabilmente ignaro di quello che mi aveva appena detto. C’era da dire che se io ero un tipo senza peli sulla lingua, anche lui non scherzava di certo.
    Tu vorresti mai stare con qualcuno che non ti apprezza per tutto quello che sei?
    Gli chiesi, con uno sguardo che sfiorava l’ingenuo. Era assurdo come fosse stato in grado con una semplice domanda di farmi cambiare umore. Non mi ero rattristata, sia chiaro, ma improvvisamente mi sentii rapita da un sentimento di curiosità mista a confusione. Confusità? Sorrisi appena, prima di riprendere a parlare, portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
    Io sono fatta così – feci spallucce, con i miei grandi occhi celesti spalancati a guardare i suoi, uno sguardo sereno e sincero, accompagnato da un piccolo sorriso – So di non essere come le altre ragazze del Castello, affascinanti ed eleganti nei loro modi di fare e ti ringrazio per il carina, ma conosco perfettamente i miei limiti. Risi appena, indicandomi. Sapevo di non essere una ragazza particolarmente bella, ma non me ne ero mai fatta un problema.
    Il pensiero tornò a quel trentuno ottobre. Era stato strano vedere mio fratello in quegli atteggiamenti, ma non potevo biasimarlo, in fondo. La Marlowe era una ragazza raffinata, molto bella e… di un certo livello, ecco. Io non ero così e mi era sempre andato bene essere quella simpatica, piuttosto che quella bella, quella con cui fare una partitella a Quidditch, piuttosto che quella da invitare ad uscire.
    Però fu ugualmente strano sentirlo dire ad alta voce da un’altra persona, quel pomeriggio.
    Non che io voglia far scappare le persone, eh! – risi, dando un nuovo boccone al mio muffin – Però non vorrei stare con nessuno che non sappia apprezzare… tutto questo. Gesticolai in maniera forse esagerata, indicando l’aria attorno a me per parlare di tutto quello che ero: un po’ fuori di testa, tremendamente esaltata dalla vita e sì, forse un po’ regina del dramma, anche. Tornai a guardarlo, mi sentivo stranamente serena in quel momento, tanto che gli sorrisi prima di parlare.
    Tu però vai, se vuoi, giuro che non mi offendo.




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    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    Rimase in silenzio di fronte a quella domanda e lasciò che la Grifondoro parlasse un po' di sé e dei suoi pensieri. Dietro quella facciata da pazza, immatura - perché ammettiamolo, sembrava davvero immatura con quei comportamenti - e da melodrammatica, si nascondeva in realtà una ragazza che aveva consapevolezza delle sue azioni, che agiva così, sì per spontaneità, ma anche perché ormai era entrata nel personaggio. Vista in quel modo, Grace sembrava una ragazza riflessiva, di una di quelle che aveva avuto tanto tempo per pensare a se stessa e a quello che gli altri pensavano di lei. Bevve un altro sorso di tè non staccando mai lo sguardo dalla bionda al suo fianco, gli occhi scuri andarono a scrutarle il profilo delicato.
    - No, Grace, io non vorrei mai che qualcuno non mi apprezzasse così come sono ma questo tutto non necessita di essere svelato subito.-
    Il problema non era in sé e per sé lei, ma il suo modo alle volte troppo esplosivo che faceva sì che non molti le si affiancassero, forse per paura di non saper reggere il ritmo, alle volte per antipatia o per soggezione. Il troppo storpiava in ogni caso e lo sapevano tutti, anche lui si dava una regolata e si sbilanciava solo con chi sapeva che avrebbe retto il colpo.
    - E' proprio questo il punto, dire io sono fatto/a così come se fosse una sorta di giustificazione. Sì Grace, tu sei anche così, ma come ben vedi sai tenere un dialogo che va molto oltre la tua esuberanza e il tuo volerti mostrare eccessiva e no, non c'è bisogno di paragonarti alle altre del Castello, ognuno è fatto in un modo. Il punto è... che tu non ti accorgi che questo tuo modo di fare è troppo alle volte. Siamo dotati di autocontrollo e, alcuni forse no, di maturità nel saperci gestire... e tu potresti farlo, lasciando sì la tua esuberanza venir fuori, ma senza esagerare.-
    Prese un lungo respiro, forse a Grace non interessava minimamente tutto quello né aveva chiesto a lui consigli riguardo la sua personalità. Se avesse preso male quel discorso? Se avesse pensato che voleva darle una lezione di vita? Si morse l'interno della guancia, era solito esprimere le sue opinioni e i suoi pensieri senza alcun timore.
    - Sì, Grace, nessuno ti deve apprezzare per quello che non sei ma presentarti così ad impatto non è funzionale e io l'ho imparato a mie spese.-
    Daniel non poteva non essere definito un tipo esplosivo ma, per quanto fosse al centro dell'attenzione in molte occasioni, sapeva dove mettere un freno alla cosa e invece Grace sembrava non aver imparato mai a mettere un freno.
    - Gli sconosciuti non sono come i tuoi amici con i quali puoi essere te stessa al 100%, se parti da un grado di esuberanza minore poi puoi avvicinarti a qualcuno, stringere un legame e svelare la te completa... non trovi? Se ti mostri completamente al mondo subito, quello ti si ritorce contro. -
    Eh sì, quante volte era stato preso di mira in classe? Quante volte aveva dovuto soccombere? Ma poi aveva imparato a reagire, a riflettere e a farsi rispettare. Le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, una di quelle bionde che le stava coprendo il viso.
    - Non tutti sono buoni, Grace. Stai sempre attenta a quello che mostri di te.-
    Credeva nella bontà delle persone ma sapeva che non tutti fossero davvero buoni e che molti sfruttassero le debolezze altrui. Grace era un faro di punta alla portata di tutti e sperava che, in qualche modo, seguisse il suo consiglio, piuttosto che mandarlo a fanculo. Tornò a bere un sorso di tè voltando lo sguardo altrove, chiedendosi perché il suo gemello non fosse lì a proteggerla piuttosto che a fare lo stronzo in giro.



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    Grace Lewis-Tisdale
    « GRIFONDORO - V ANNO - MEZZOSANGUE - PAPRIKA »
    Tutto quel discorso fu completamente inaspettato. Non so se per la persona con cui lo stavo facendo o se per il discorso in sé, ma era comunque inaspettato. Per fortuna io ero abituata alle cose inaspettate. O meglio, ero abituata alla maggior parte delle cose inaspettate, ma non a qualcuno che mi sistemava i capelli. Fu…strano, ma uno strano piacevole, tanto che inconsapevolmente avevo assecondato il suo gesto inclinando la testa verso la sua mano, con un piccolo sorriso. Non ero abituata ai contati delicati e genuini come quello, quindi credo di essere arrossita almeno un po’. Questo è il tuo modo per dirmi che non te ne andrai?. Chiesi, facendo riferimento a quello che gli avevo detto poco prima.
    Avevo ascoltato le sue parole, poi, e sapevo benissimo che avesse ragione, a modo suo. Ma ognuno, nella vita, viveva delle esperienze che lo portavano a fare delle scelte e quelle erano state le mie. Come mio fratello aveva deciso di fare del suo scudo la sua forza, io avevo fatto della mia forza il mio scudo. In fondo, come diceva sempre lui, noi eravamo due facce della stessa medaglia.
    Lasciai che finisse di parlare, continuando a guardarlo. Era facile ascoltare quel ragazzo, aveva una voce che trasmetteva calma, ma al tempo stesso ti manteneva attenta, partecipativa, come se il suo tono potesse essere anche il mio. Non so come spiegarlo diversamente.
    Io non dico di essere solo questo, certo. – Risposi poi, con un piccolo sorriso – Ma ti assicuro che non è un personaggio o un “volermi mostrare eccessiva”. Sai, io ho deciso una cosa, tanti anni fa: che non avrei mai avuto rimpianti.
    Era strano dirlo ad alta voce. Quel dettaglio, quella scelta, erano sempre state solo per me. Credo di non averlo detto mai nemmeno a Lorcan. Certo, lui mi capiva come nessun altro al mondo e quindi forse lo sapeva, senza che io avessi bisogno di parlare, ma restava il fatto che io non lo avevo mai detto ad alta voce ad anima viva o morta che fosse, né alla mamma, né persino a mia sorella o a mia cugina. A nessuno, era una cosa mia. E da quel giorno sarebbe stata una cosa mia, condivisa con quel moretto dalla lingua lunga.
    Voglio che quando vado a dormire, la sera, ripensando a quello che ho fatto durante la giornata, non ci sia niente che avrei voluto dire o fare diversamente. Niente “e se” o “magari avrei potuto”, no, deve essere tutto esattamente come lo voglio. Voglio che se la mattina dopo non mi dovessi svegliare non ci sia nessuno sulla faccia della terra che non abbia avuto il cento per cento di me, perché non ha senso contenersi quando sai che puoi andartene da un momento all’altro. Ti conservi per cosa? Per quando?.
    Avevo un sorriso tranquillo, nel raccontare quelle cose. Era stato stranamente facile fare quella confessione ad una persona che di base non conoscevo. Il motivo per il quale avevo deciso di comportami in quel modo rimase tra le cose non dette, quelle che aleggiavano nell’aria, che lui sapeva perché aveva sentito dire e che io, nonostante tutto, sapevo fossero di dominio pubblico.
    Apprezzo davvero quello che mi hai detto, ma non posso davvero essere diversa da così, non so farlo. Alzai le spalle, facendo un piccolo sorriso prima di prendere un sorso dalla tazza che avevo di fronte, ma sempre continuando a guardarlo. Pensa come sarà bello, quando arriverà una persona che deciderà comunque di avvicinarsi e che nonostante tutto sceglierà proprio me. Sembrava la fantasia di una bambina, ne ero consapevole. Ma per me era così. Volevo una persona che sapeva andare oltre, anche oltre al lancio dei biscotti.
    Non che stessi parlando di Daniel, eh! Cioè era stato un esempio, ecco.
    Arrossii. Stupide guance.
    Però mi dispiace che per te non sia stato facile, posso capirlo. Sorrisi, posando la mia mano sulla sua e facendo una piccola carezza con il pollice sul dorso. Erano state parole troppo specifiche e sincere per venire da una persona che non aveva idea di costa stesse dicendo. O magari mi ero immaginata tutto e Daniel sarebbe entrato nella lista delle persone che mi credevano una pazza. Chi poteva dirlo?




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    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    Lo sguardo serio ma dolce di Daniel passò in rassegna il viso, un po' arrossato, della Grifondoro. Quando era calma era davvero carina e aggraziata, l'idea che quella stessa personcina potesse tirare biscotti e sprecare cibo in quel modo, lo spiazzava.
    - No, non andrò via.-
    Non sapeva perché quella ragazza sentisse il bisogno di sentirsi dire una cosa del genere, forse era per via del fatto che avesse perso i genitori? Non poteva immaginare il dolore che aveva provato e del trauma che si era portata sulle spalle, insieme al fratello. Probabilmente anche per questo tendevano tutti a giustificare i modi strani ed opposti di fare, ma sapere che avessero avuto un'altra famiglia a prendersi cura di loro e ad amarli, lo fece sentire più rassicurato. Non avrebbe mai potuto immaginare la vita senza la sua famiglia, senza quei genitori e quel fratello. Rimase in silenzio ad ascoltarla e cercò di comprendere il suo discorso, era chiaro ciò che diceva ma non riusciva ad essere pienamente d'accordo, lui non aveva rimpianti e non ne aveva mai avuti proprio perché aveva dato se stesso solo a chi lo aveva meritato, non dava a tutti incondizionatamente e mai gli sarebbe passato per l'anticamera del cervello di farlo.
    - Beh, alla domanda ti rispondo...ti conservi per chi lo merita davvero, ma se tu sei contenta così allora va bene.-
    Il mondo era bello proprio perché era vario, no? Se Grace preferiva mostrarsi in quel modo esuberante era giusto che seguisse il suo istinto, anche perché in ogni caso avrebbe imparato dalle conseguenze delle sue azioni e avrebbe scelto - si spera - ciò che sarebbe stato meglio per lei. All'affermazione della ragazza annuì, scettico, ma annuì. Di una cosa era certo, nessun essere umano era illeso dalle litigate, dai difetti dell'altro e trovare il modo giusto per funzionare non era facile; c'erano tanti fattori in una relazione, troppi e pensare di essere amati a 360° era impossibile perfino per lui, era sicuro, anzi, che in una relazione i difetti andassero smussati a vicenda, era un miglioramento a vicenda e che far funzionare le cose fosse una scelta più che un "se non mi ami così come sono, ciao". Abbassò lo sguardo alla mano quando si sentì accarezzato e riportò lo sguardo su di lei, stranito, ma niente di più.
    - Sembri piuttosto complicata, Grace, molto più di quello che invece appari.-
    Avrebbe potuto vedere Grace fare danni, essere goffa, magari urlare al mondo che le cose si facevano in un determinato modo, ma, a guardarla così, sembrava una ragazza che aveva sofferto la perdita dei genitori biologici e che si era stretta al fratello quasi come se fosse la sua ancora di salvezza, in più, sembrava - almeno ad impatto - credere nell'amore a lietofine delle favole, come se un principe azzurro potesse salvarla dalle sue paure e allo stesso tempo combatteva da sola per le sue battaglie. Non la trovava indipendente, no, trovava che andava avanti con le sue forze, facendo sentire la sua voce finché non si fosse potuta appoggiare ciecamente a qualcuno che non le avrebbe fatto del male. Tenne per sé quei pensieri, non conosceva nulla di Grace, quelle erano solo le sue supposizioni. Un cervello che divagava.


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    Grace Lewis-Tisdale
    « GRIFONDORO - V ANNO - MEZZOSANGUE - PAPRIKA »
    Mi piaceva parlare con le persone che non conoscevo, ad essere onesta. Era come dipingere su una tela bianca, immacolata. Poteva accadere di tutto, nessun percorso già tracciato, nemmeno un accenno di matita a dare l’idea di come le cose dovessero andare. Avevo una particolare passione per le cose nuove, quasi quanto quella che avevo per le seconde possibilità. Era stato bizzarro raccontare quelle cose, ma non per questo brutto. Era una novità per me e come per tutte le novità l’avevo accolta a braccia aperte, convinta che potesse apportare qualcosa di nuovo alle mie esperienze. Interessante punto di vista. Risposi, sincera e con aria pensierosa. Non ero mai stata particolarmente attenta a chi avessi di fronte, non ero una di quelle ragazze che sapevano modificarsi in base al proprio interlocutore.
    Ma in questo modo come fai? Cioè tu mi stai dicendo che bisognerebbe conoscere qualcuno, senza essere totalmente se stessi, per poi valutare se quella persona sia meritevole del nostro cento per cento, giusto? E se anche quella persona facesse così? Se anche lui stesse nascondendo una parte di sé come farei io a valutare? Di questo passo nessuno sarebbe meritevole o finirei per prendere tante di quelle delusioni da non riuscire a contarle più!. Avevo ragionato con aria piuttosto seria, ma senza mai perdere il piccolo sorriso che continuava a solleticarmi le labbra. Non aveva senso nascondere di trovarmi a mio agio, in quel momento. Daniel sembrava un ragazzo dolce, ma di quelli che sapevano benissimo cosa fosse una delusione, o uno schiaffo in faccia. Era uno di quei tipi che ti facevano venire voglia di abbracciarli e dire che il mondo non era così cattivo, anche se…beh, tutti sappiamo come sappia essere poco delicata la vita. Io quindi preferisco essere sempre me stessa, lo trovo più facile. Tanto le delusioni arrivano comunque, ma almeno così ci perdo meno tempo dietro, no? So di sembrare fragilina, ma ho le spalle molto più grandi di quello che sembra. Risi, indicando le mie piccole spalle, coperte dal maglione di Grifondoro. Era ovvio che stessi parlando in senso metaforico e non credevo ci fosse bisogno di specificarlo, nonostante quel gesto. Lo osservai, poi, ritirando subito la mia mano che si trovava ancora sulla sua. Aveva fatto un’espressione strana quando mi ero avvicinata e, anche se non lo conoscevo abbastanza bene da saperla decifrare, non mi era sembrata contenta. Ti chiedo scusa, io sono un tipo che abbraccia, ma a volte dimentico che non tutti possono voler essere toccati dagli sconosciuti, non volevo essere invadente, mi sta piacendo parlare con te. Sorrisi ancora, un po’ imbarazzata da quel capitombolo, ma estremamente sincera, come sempre. Presi un nuovo sorso dalla tazza di tè, ormai quasi vuota. Fissai per qualche secondo il fondo della tazza, appena intravedibile, chiedendomi che cosa dicessero quei resti del mio futuro. Non mi ero mai applicata nella Divinazione.
    Tornai a guardarlo solo quando lui riprese a parlare. Inclinai appena la testa di lato. Mi aveva sorpresa quell’affermazione, soprattutto dopo tutto quello che ci eravamo detti. Ti ringrazio, Daniel. Sorrisi. Non sapevo se per lui quello fosse un complimento o un insulto o semplicemente una costatazione, ma a me aveva fatto piacere.




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    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    Era difficile spiegare quelle cose, Daniel aveva avuto due relazioni stabili in quegli anni, per il resto erano stati solo rapporti occasionali nei bagni. Aveva amato solo due persone: Jackson e Davina. Jackson gli aveva spezzato il cuore, era stato il suo primo amore e si era esposto così tanto con lui, al punto che quello stronzo ne aveva approfittato finché Daniel non aveva capito che fosse solo un tappabuchi. E lì, il Tassorosso aveva imparato la sua lezione più grande: mai dare il 100% a chi non lo merita. Con Davina, invece, era stato un amore leggero, allegro, finito solo per la dipartita della ragazza che - per forza di cose - si era dovuta trasferire in Germania. Ogni tanto ancora si sentivano ma non avrebbero potuto continuare la relazione con le scuole ad impegnargli la vita. Con lei era finita solo un anno fa ma Daniel aveva ripreso controllo della situazione e aveva ricominciato a fare il finto cascamorto. Le sue relazioni l'avevano portato a maturare in qualche strano modo, anche se credeva fosse proprio una sensibilità caratteriale a portarlo ad essere diverso dalla maggior parte dei suoi coetanei, almeno sotto il punto di vista amoroso.
    - Beh, Grace, le persone le conosci con il tempo e nel tempo valuti per chi ne vale la pena. Il cento per cento lo dai quando senti di essere in un rapporto alla pari, che sia in amicizia o in amore. Certo, dai con fare disinteressato, non è che ti metti a calcolare "io ho fatto questo, quindi l'altro deve fare quello" ma lo senti quando qualcuno ti vuole bene e quando puoi essere esattamente te stesso e quando qualcuno con te è se stesso. -
    Si leccò le labbra e lo sguardo si spostò sulla tazza di porcellana posata sul tavolo ligneo. Non poteva credere di star affrontando una conversazione tanto profonda con una ragazza che nemmeno conosceva. Certo, non si stavano scambiando chissà quali confidenze personali, eppure sentiva che quella conversazione fosse intima perché in qualche modo riguardavano la sfera emotiva, Daniel non era di certo un ragazzo che aveva paura di dare, anzi, viveva la vita con leggerezza ma sapeva bene a chi affiancarsi, lo riusciva a percepire a pelle perché dopo la batosta ricevuta, aveva imparato che la leggerezza fosse diversa dall'ingenuità, l'ingenuità che invece vedeva in Grace.
    - Preservarsi è un modo di amarsi e amare gli altri. Investire tutta te stessa così da levare subito il dente, non è una cosa che funziona davvero, mi sembra più un modo per potersi giustificare nel caso in cui le cose vadano male. La delusione non arriva dagli sconosciuti, ricordatelo sempre. Se tu dai tutto e subito, tendi a legarti anche subito. Ma, insomma, ripeto... se tu sei più serena così, va bene! -
    Il suo voleva essere solo un consiglio, un consiglio ad una ragazza che veniva definita matta da mezza scuola e che non veniva trattata nel migliore dei modi. Alzò lo sguardo profondo su di lei quando ritirò la mano dalla sua e alle sue parole si stupì, cosa c'entrava il fatto che le stesse piacendo parlare con lui con il contatto fisico?
    - Non mi ha dato fastidio, è stato solo inaspettato.-
    Avrebbe voluto accarezzarle la testa come un nonno che accarezza la sua nipotina ma si trattenne dal farlo, non gli sembrava corretto invadere gli spazi fino a quel punto, così, si limitò a passarle un altro muffin al cioccolato.
    - In ogni caso, anche a me sta piacendo chiacchierare con questa parte di te.-
    Le sorrise sincero, scoprire quel lato di Grace gli avrebbe fatto vedere la Grace matta non come tale, ma come una che era simpaticona e cercava di coinvolgere gli altri. Lui l'avrebbe osservata con affetto, invece che pensare che fosse insopportabile.



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    Grace Lewis-Tisdale
    « GRIFONDORO - V ANNO - MEZZOSANGUE - PAPRIKA »
    Quella stava diventando una conversazione impegnativa, dovevo ammettere. O forse io ero troppo testarda per lasciare che lui avesse l’ultima parola. Non ero abituata ad annuire senza dire di nuovo la mia. Avrebbero dovuto chiamarmi “Sì, ma” e non Grace. Forse era colpa del fatto di essere cresciuta con altri cinque fratelli, era una cosa che ti portava per forza ad imparare ad importi e dire sempre la tua. O a fare come Lorcan che si chiudeva a riccio e invece di dire quello che voleva, se lo prendeva e basta. Quanti panini avevo perso negli anni, per quel motivo. Feci spallucce, alle parole di Daniel: erano valide, ma non mi aveva convinto. Non so, io continuo a pensare di trovarmi bene così – risposi – Anche perché chissà, magari un giorno conoscerò qualcuno proprio per questo mio modo di fare, no? Chi può dirlo nella vita! Mi lasciai andare ad un nuovo sorriso speranzoso e solare, guardandolo nei suoi occhi scuri. Non ero abituata a degli occhi così scuri.
    Oh no, per la miseria, non voglio togliere nessun dente! – risi, sperando che non pensasse che fossi seria con quella mia esclamazione – Però sì, devo dire che vivo piuttosto serenamente. Te l’ho detto: ho le spalle larghe. So di sembrare una sprovveduta dalle idee strampalate, ma fidati di me. E non sono per niente il tipo che indugia in giustificazioni inventate, per salvare la faccia. Non sono molto brava a mettere le mani avanti, anzi cado molto spesso con il viso a terra, ma i graffi guariscono e le ferite formano il carattere. Credo fermamente nella forza delle esperienze. - presi un grande respiro, socchiudendo appena gli occhi mentre i ricordi si impossessavano per qualche breve attimo del riflesso nelle mie iridi. Li riaprii, poi, per guardare lui. Non mi piaceva parlare con le persone senza guardarle negli occhi. Prendi me, per esempio: senza le cose che mi sono capitate nella vita non sarei stata così, credo. Non avevo nemmeno cinque anni quando ho rischiato di perdere una gamba sotto le macerie di una casa, durante la guerra, il giorno in cui sono morti i miei genitori. Da quel giorno ringrazio l’universo che mi ha permesso di cavarmela semplicemente con una brutta cicatrice ed ho iniziato a fare sport, semplicemente perché ero più consapevole di poterlo fare. Aver perso delle persone importanti, poi, mi fa dare un enorme significato ad ogni nuovo incontro e per questo voglio credere che anche il mio passaggio possa essere importante, per gli altri. Preservarsi è sicuramente un buon modo per amare se stessi, io però mi amo così, regalandomi una vita piena. O magari sono tutte sciocchezze, che posso saperne io? Sorrisi di nuovo. Presi il muffin – mai rifiutare qualcosa a base di cioccolata nella vita – e feci per dargli un morso, contenta del fatto che non si era infastidito, quando però lui continuò a parlare. Oh. Sussurrai, mentre la delusione mi si dipingeva sul viso. Tenni o sguardo basso, fisso sulla tazza e sul muffin che avevo in mano. Non mi ero mai concentrata a guardare la trama di farina e uova sulla superficie di un dolce come in quel momento.
    Anche a me sta piacendo chiacchierare con questa parte di te. Sempre un pezzo, sempre solo una parte, di nuovo non tutto. Sospirai. Mi era sembrato che le cose potessero essere diverse, quella conversazione mi era sembrata così piacevole che avevo creduto potesse portare a qualcosa di positivo. Non si finiva mai di sbagliare, no? O forse era imparare? Beh, poco male. Altro giro, altra corsa, Grace.




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    « 16 anni - Tassorosso - VI° anno »
    Rimase in silenzio ad osservare la ragazza, ascoltando il suo discorso con rispetto, Daniel concordava sull'essere se stessi ma concordava meno sul dare tutto e subito, c'erano dei punti di divergenza nel loro pensiero e altri punti in comune ma non avrebbe più detto una parola su quell'argomento, non voleva affatto convincerla, il suo era semplicemente un consiglio e da lì era nata una lunga conversazione ed un lungo confronto. Quando raccontò della guerra gli si strinse il cuore, il modo leggero in cui Grace parlava di un evento tanto traumatico gli provocò un senso di freddo nel corpo: ricordava bene quel periodo, i suoi genitori li avevano afferrati e si erano smaterializzati in Arabia, dove i Mangiamorte non avrebbero potuto trovarli e ricordava - a sprazzi - le macerie che avevano ritrovato al loro rientro. Tornò a concentrarsi sulla ragazza e sul suo discorso, restandone colpito quasi, tutto dipendeva dalle esperienze e da come ci si rialzava dopo e Grace aveva fatto di quell'incubo parte della sua forza.
    - Direi che non sono sciocchezze nel momento in cui hai scelto quello che è giusto per te, dopo tutto conta come ti sei rialzata dal peggio. E tu hai deciso di scegliere il lato migliore, quello della positività.-
    La vita era complicata e le mille sfaccettature che ne seguivano erano anche peggio, Daniel non si era mai ritrovato faccia a faccia con la morte né con le problematiche che derivavano dall'assenza di figure genitoriali e di introduzione in una nuova famiglia. Ammirava il coraggio di Grace, la purezza con la quale andava avanti e la forza che aveva in se stessa, lui, d'altro canto, si era ritrovato a dover fronteggiare la sua bisessualità e il suo problema maggiore era stato dover affrontare una famiglia cristiana rinchiusa in tradizioni islamiche. Quello era stato il suo macigno più grande, il dover spiegare ai nonni, agli zii e ai cugini, ciò che lui provava e aver dovuto incassare colpi, critiche e anche distacchi familiari per più di due anni, lo aveva fatto sentire sbagliato e solo ma il colpo di grazia più grande glielo aveva dato Jackson, colui che dopo averlo criticato per il suo essere troppo amorevole, disponibile, emotivo e buono, lo aveva giudicato per il suo essere bisessuale. Lo aveva definito "un errore della natura", esattamente come definivano lui perché gay. Non sapeva con chi fosse stato per davvero, aveva solo capito, dopo quell'esperienza, che le persone sapevano fingere bene i loro sentimenti e la cosa lo nauseava. Daniel vedeva sempre il positivo, il sole e le cose belle della vita, era solare e simpatico e si godeva tutto ciò che aveva, ma aveva sempre una parte che preservava per non farsi del male. Aveva imparato ad amarsi e a dare il giusto.
    La vide incupirsi, ad un certo punto Grace chinò il capo e un sospiro attraversò l'aria; d'istinto le accarezzò la testa, passando la mano sui lucidissimi capelli biondi della Grifondoro.
    - Ho detto qualcosa che non va?-
    Mantenne lo sguardo sul capo chinato di lei, l'espressione preoccupata e dispiaciuta di Daniel si poteva leggere apertamente, non era uno che sapeva celare le sue emozioni. Ripercorse con la mente le parole dette in precedenza e si chiese cosa potesse aver detto di sbagliato ma non riusciva ad arrivarci.
    - Se ho detto qualcosa che possa averti ferito, sappi che mi dispiace tanto, non era mia intenzione.-
    Continuò a tenerle la mano sulla testa nella speranza che Grace avesse alzato nuovamente lo sguardo su di lui, non voleva forzarla a guardarlo ma gli dispiaceva pensare di averle fatto involontariamente del male. Sperava che comunicasse con lui, in modo da poter porre rimedio all'errore.


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    Grace Lewis-Tisdale
    « GRIFONDORO - V ANNO - MEZZOSANGUE - PAPRIKA »
    C’era una caratteristica fondamentale, in me, che non avrei saputo categorizzare tra i pregi o tra i difetti. Sapevo solo che fosse una cosa radicata nel mio modo di vivere le situazioni e le emozioni: non ero in grado di fingerle. Anche le poche volte in cui avevo provato a tenere per me un pensiero, il mio viso decideva di esporlo al mondo, con caratteri cubitali. Quel pomeriggio non aveva fatto eccezione e nonostante io mi fossi limitata ad emettere una sola sillaba, il mio viso doveva aver tradito i miei pensieri. Sentii la mano di Daniel sulla testa e lasciai che le labbra si curvassero in un piccolissimo sorriso, senza riuscire a far sparire l’amarezza. Chiusi gli occhi, piegando un po’ la testa. Non so se vi è mai capitato di accarezzare un cucciolo, loro molto spesso avevano chiaro più di voi dove avrebbero voluto essere coccolati e si spostavano di conseguenza, guidando la mano dove avrebbero desiderato. Il nostro vecchio cane lo faceva spesso, soprattutto quando gli facevo i grattini sul collo, spostandosi da uno piuttosto che dall’altro lato. Così avevo fatto anche io, piegando la testa così che la mano di Daniel scivolasse sul mio viso, all’altezza della guancia. Mi presi quella carezza, cercando di usarla come energia per ricaricare il sorriso che mi si era spento sulle labbra.
    Non ti preoccupare, Daniel, non è colpa tua. Risposi, tornando a guardarlo. Aveva un nome molto musicale, ma chiamare le persone con il nome per intero mi aveva sempre trasmesso freddezza. Avrei davvero voluto abbreviarlo, ma dopo tutto quel nostro discorso ero confusa e mi chiedevo come lui l’avrebbe presa. È solo che tu hai detto “mi piace parlare con questa parte di te” e quindi... Feci spallucce, cercando di fingere che per me non fosse poi così importante. Maledetta sincerità. A volte avrei voluto saper fare come Lorcan e poter ignorare ogni cosa, fingere disinteresse e non sentirmi toccata dal mondo. Invece io ero così patologicamente sincera, così schifosamente aperta. Lui me lo diceva spesso, che ero un libro aperto ed estremamente assordante da leggere. Ma è colpa mia, non tua. Evidentemente sbaglio qualcosa se non riesco ad essere vista per intero, se si riesce sempre a cogliere una parte o comunque ad apprezzare solo un lato, di me. Tra noi è tutto ok, non preoccuparti davvero. Tornai a sorridere, dopo aver preso un enorme sospiro. La capacità di rimettermi in sesto presto era una delle mie caratteristiche più spiccate. Ricordavo di una volta in cui mi ero rotta un braccio cadendo dalla scopa ed ero io a consolare papà, così preoccupato per me: avevo sempre avuto una spiccata forza di spirito, dovevo ammettere. E poi, ad essere sincera, non ce l’avevo con lui per quell’affermazione. Non era colpa del Tassorosso se apprezzava quel lato più pacato del mio carattere, che poteva farci? Anzi era anche stato molto carino, da parte sua, ammettere di trovare della positività nel mio modo di affrontare la vita. Ero davvero contenta di questo e proprio per questa mia peculiarità, avevo deciso di scegliere di nuovo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Altro giro, altra corsa, avevo detto, no? Quini adesso è decisamente un buon momento per un altro muffin e per non pensarci più. Sorrisi, un sorriso a tremila denti, prima di sporgermi verso di lui e stampargli un sonoro bacio sulla guancia, per poi tornare seduta al mio posto ed addentare il muffin che avevo di fronte. Quanto mi piacevano i muffin. A volte mi chiedevo il motivo per il quale non venissero conferiti premi speciali a chi inventava genialità del genere. Voglio dire, il santo che aveva inventato le barrette di cioccolata, chi era? E perché nessuno venerava il suo nome o lo nominava con rispetto? Ne vuoi un morso?




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