Empire State of Mind

Paiolo Magico - Harris&Rogers

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    La giornata non era cominciata al meglio, anche solo per il fatto che avevo il turno di pomeriggio. Tra tutti, il turno di pomeriggio era quello che meno mi piaceva e neanche sapevo dire il perchè, ma mi sembrava di non riuscire mai a combinare niente nella giornata quando dovevo presentarmi in ospedale alla 14. Finivo sempre per svegliarmi rincoglionito e tardi alla mattina e non fare nulla, se non farmi una doccia e prepararmi da mangiare. Il resto del tempo non sapevo mai dove finiva. L'unica nota positiva era quando finivo, verso le 21:00, quando trovavo sempre qualcuno che voleva concludere il turno facendo un salto al Paiolo Magico e quella sera non fu diverso, sebbene la compagnia non fosse assolutamente la solita.
    Dicevo, la giornata non era cominciata al meglio, ma era nettamente migliorata in corsa d'opera. Ero giunto in reparto comunque in orario e da quando avevo indossato la mia divisa, come sempre, l'entusiasmo aveva preso il sopravvento ed io avevo affrontato il reparto e le emergenze con la mia solita -quasi sempre- energia. Quel pomeriggio in reparto ci avevo trovato, però, una novità, ossia un nuovo Guaritore. Nel corso dell'emergenza, non ci avevo dato molto peso. Avevamo collaborato assieme anche ad un altro medimago che lo affiancava per i primi tempo ed avevamo risolto la cosa. Solo dopo, ad emergenza rientrata, mi ero concesso il momento per presentarmi al ragazzo che sembrava, in realtà di poco più giovane di me. Nel giro di quei dieci minuti a noi concessi, eravamo stati in grado di scambiarci poche informazioni, che erano andate a sommarsi ad altre nel corso del turno. Mi piaceva creare un buon ambiente di lavoro per tutti, soprattutto quando i miei colleghi si trovavano in turno con me e non attesi tempo, prima di coinvolgere Drew come potevo, come se fosse già parte del team. L'avevo visto lavorare bene, sembrava un collaboratore valido ed un guaritore coscienzioso, cosa che non era da tutti. In un momento libero, gli avevo chiesto se avrebbe voluto unirsi a noi pochi altri colleghi alla fine del turno per una burrobirra e lui sembrava aver accettato di buona lena.
    A fine turno, quindi, l'avevo atteso fuori dagli spogliatoi, mentre gli altri ci avevano preceduto per riuscire a trovare un tavolo libero. Con le mani in tasca, appoggiato contro il muro opposto alla porta di uscita, l'avevo atteso, tenendomi la giacca di pelle a penzolarmi dal braccio. Quando la porta si aprì, alzai uno sguardo al nuovo arrivato con un sorriso e mi staccai dal muro per avviarmi assieme a lui verso il pub. Fuori dal San Mungo, dopo aver convalidato l'uscita con le nostre bacchette ed avergli fatto vedere altre postazioni -oltre ai principali- dove si poteva dare l'ora di fine ed inizio servizio, ci ritrovammo ad avanzare lungo Diagon Alley, verso il Paiolo Magico.
    -Quindi Detroit? Oh, no, aspetta...Chicago, mi hai detto?- voltai la testa verso di lui, curioso: -Com'è la vita là? So che come città babbana non è tra le più sicure...E' lo stesso nel mondo magico?- chiesi, raddrizzandomi con la schiena. Io mi ricordavo poco niente di Boston e non sapevo nulla di come vivevano i maghi negli Stati Uniti a parte riguardo qualche Statuto di Segretezza ben più rigido rispetto a quello Britannico.

    #5F9EA0 Parlato #778899 Pensato


    Edited by Avalon - 19/7/2021, 22:56
     
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    La nota positiva del turno del pomeriggio al San Mungo? Svegliarsi la mattina e andare a fare una serie non precisate di vasche in piscina. Certo, fosse stato a casa, avrebbe optato per fare surf nell'oceano piuttosto che nuotare nella piscina comunale ma almeno non si era dovuto svegliare all'alba, prendere una passaporta, surfare, tornare nel suo appartamento e prepararsi. Tutto per poi farsi un turno massacrante di sei ore in ospedale. Tutto sommato era un piacevole cambio di ritmi: ora, se la nostalgia di casa avesse smesso di fare scherzi, Drew l'avrebbe decisamente apprezzato. Altra nota positiva del San Mungo? I colleghi? Oh, Pixie gli mancava come se qualcuno gli avesse tolto l'aria dai polmoni - gli mancavano i brunch domenicali con lei, i mimosa presi ai piedi del Bean - ma sembrava che la situazione fosse migliorata dai tempi di Hogwarts: o meglio, non rammentava proprio dei compagni di scuola così "interessanti", diciamo. Oh, non che avesse avuto il tempo per fare alcunché se non presentarsi durante il turno di lavoro - era un professionista, per Salazar - ma aveva accettato senza esitazione l'invito di un infermiere carino ad uscire con i colleghi a fine turno. Per questo motivo, adesso, però, si trovava nell'imbarazzante situazione di dover necessariamente tirar fuori gli occhiali da vista dato che dopo sei ore - e il cloro della piscina - le lenti erano diventate insopportabili. E quel Rogers, invece, impeccabilmente appoggiato al muro e con una giacca di pelle su cui stava già salivando: se ne sarebbe accorto se gliel'avesse rubata?
    Ti ho fatto attendere molto? - domandò, con un sorriso che di scuse aveva ben poco - Ho un pessimo senso dell'orientamento.
    E questo purtroppo era vero, ma almeno al San Mungo le scale non avevano lo stesso pessimo senso del divertimento di quelle ad Hogwarts: aveva fatto perdere innumerevoli punti a Serpeverde a causa di tutte le volte che era arrivato in ritardo a lezione.
    Per carità, Chicago: non avrei mai potuto iniziare a tifare per Red Wing! - esclamò, rabbrividendo con finto disgusto e regalandogli un'occhiata divertita - Diciamo che la mia specialistica è stata interessante: tra accoltellamenti, sparatoie e maledizioni ce n'è per tutti i gusti.
    Drew ricordava ancora uno dei primi turni passati nell'emergency room, dove aveva dovuto districarsi tra un polmone perforato e gli effetti della maledizione cruciatus. Tutto sullo stesso paziente: come Pixie diceva sempre, "se sopravvivi nel South Side, babe, può vivere ovunque.
    Tu, invece? Hai sempre lavorato al San Mungo?

    ~ PARLATO: #689564
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    Potevo vantarmi di essere una persona con la quale era semplice fare amicizia e non mi tiravo mai indietro di fronte ad una nuova conoscenza, specialmente quando era con qualche collega, che parlava e mangiare medimagia come me. In qualche modo, saltavano sempre fuori argomenti interessanti ed avevo riscontrati diversi punti in comune con coloro che bazzicavano dentro le mura del San Mungo, anche al di fuori dell'ambito lavorativo. Insomma, tra di noi, eravamo simili. L'unico con il quale proprio non mi trovavo era Walsh. Avrei dovuto mettere Drew in guardia da quel tipo, che -comunque- non piaceva a nessuno. In qualsiasi caso, appena Laura, la medimaga che aveva smontato dalla mattina quel giorno, mi aveva avvertito che era arrivato un nuovo guaritore, mi ero incuriosito. Ero sempre stato quell'individuo che si fa avanti prima degli altri a presentarsi; odiavo lavorare con qualcuno di cui non conoscevo il nome perciò, non appena mi era stato concesso dalla prima emergenza del pomeriggio, mi ero avvicinato, mi ero presentato ed avevo iniziato a conoscere quel ragazzo proveniente dagli States. Venne spontaneo invitarlo all'uscita di fine turno con gli altri; fossi stato io al suo posto, avrei gradito sentirmi accettato e ben voluto in un nuovo gruppo di lavoro e fu proprio quello lo scopo del mio invito: iniziare a costruire una buona base per un buon rapporto lavorativo. Se poi si fosse trasformato in amicizia, ancora meglio.
    Quella sera, avevo lasciato che andassero avanti gli altri mentre io avevo atteso Drew all'uscita del reparto. Non sapevo bene se sapesse orientarsi a Diagon Alley, non lo conoscevo e magari dirgli "ci becchiamo direttamente là" mentre io mi ci recavo con i miei amici e lui arrivava da solo non era poi molto educato e carino. Perciò, visto che ero stato io a proporgli quell'uscita, l'avevo aspettato. Nel vederlo uscire, gli sorrisi rassicurante: -Assolutamente no- gli risposi, rizzandomi con le spalle, prima di infossare un sopracciglio alle sue successive parole: -Perdonami, avrei dovuto aspettarti in reparto- commentai con un sospiro, prima di sghignazzare: -Quando un posto è nuovo, anche se piccolo, può rivelarsi un labirinto- lo rassicurai, battendogli una singola pacca gentile sulla schiena: -Ed il San Mungo non è per nulla piccolo- scherzai, avviandomi con lui lungo i corridoio ed uscendo nell'aria fresca della sera. Inspirai a pieni polmoni, lanciandomi la giacca oltre la spalla e lasciandola ciondolare dal dito. Come già detto, non mi ricordavo molto dell'America, quando quando Drew accennò ai Red Wing non potei che voltarmi a guardarlo con uno sguardo furbo. Feci ciondolare appena la testa all'indietro: -Hockey, huh?- sollevai un angolo della bocca, scambiando con lui uno sguardo di intesa: -Se mi fosse interessato davvero, io avrei dovuto tifare i Boston Bruins- annuii, prima di stringermi nelle spalle: -E invece sono sempre stato un Patriots, da bambino- spiegai, allungando uno sguardo alla via davanti a noi: -Io sono nato a Boston- gli spiega: -E siamo venuti in Inghilterra alla morte di mio padre, quando avevo qualcosa come 9 anni- aggiunsi, spiegando quella mia "cultura" statunitense. Risi, quando lui accennò al periodo che aveva trascorso là e capii che ci aveva studiato per diventare Guaritore: -Ti trovavi bene, comunque?- gli chiesi, prima di stringermi nelle spalle: -Spero la Medimagia non fosse tanto diversa da praticare qua, rispetto a come la pratichiamo qua- commentai, poi, osservandolo. Nel corso del turno l'avevo seguito per qualche caso e qualcosa di diverso da come lo facevamo noi c'era. Sarebbe stato curioso lavorare con lui, avrei potuto imparare nuove cose. La sua domanda mi arrivò di ritorno: -Ah, sì!- espirai, infilandomi una mano nella tasca dei pantaloni: -Sì, mi son formato qui, mai uscito da Londra- aggiunsi con un sorriso, prima di arricciare il naso: -Devo dire che mi era venuto un momento di follia, verso i miei 25 anni... Sono stato qualche mese in Africa, ma poi son dovuto rientrare perchè si stava scatenando un'epidemia di Raptum Virus e io non ero vaccinato- spiegai stringendo le labbra tra di loro, desolato: -Ho ripreso subito a lavorare qui, dopo un periodo di quarantena forzato e, sai... La sicurezza del posto fisso, son rimasto- gli sorrisi, annuendo, abbassando poi lo sguardo alle mie scarpe: -Tu? Sei tornato in patria da poco?-.

    #5F9EA0 Parlato #778899 Pensato
     
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    Che dire? L'idea di andare a bere qualcosa dopo il turno di lavoro era stata davvero ben accetta: vicino al General Hospital c'era un bar dove lui e Pixie avevano trascorso svariate ore tirando l'alba dopo gli estenuanti turni serali e pensare di poter in qualche modo ricreare una situazione simile aveva un sapore dolceamaro, ma non aveva neppure intenzione di ridursi in un qualche eremita tutto casa e lavoro. L'unico periodo in cui Drew aveva faticato a stringere rapporti era stato paradossalmente Hogwarts - tutto apparenze e ben poca sostanza - ma non appena messo piede negli States si era ritrovato circondato da persone diverse, più aperte e al passo coi tempi: dividere l'appartamento con Daisy, Fiona e Pixie gli aveva insegnato a lasciarsi andare. E a non mischiare mai il vino con la tequila, mai e per nessuna ragione al mondo: neppure sotto Cruciatus, anche se difficilmente era in grado di resistere a una sfida. Per questo motivo, aveva accolto con enorme piacere l'invito di quell'infermiere, Steve, con la speranza che quello fosse il primo di tanti altri. Si sentiva solo a Londra? Era uno dei motivi, assolutamente. Oh, non preoccuparti. Drew scrollò le spalle con noncuranza, pur regalandogli un sorriso divertito - oh, erano così carini quando si impensierivano per lui. Mi spiace solamente averti fatto aspettare. Istintivamente, alla pacca dell'altro ragazzo, gli venne spontaneo rilassare i muscoli, assecondando per un millesimo di secondo il contatto: hn, probabilmente stava soffrendo la solitudine più di quanto avesse supposto in precedenza. Non serve trovare giustificazioni, scherzò Drew, dando un'occhiata alle sue spalle mentre uscivano all'aria aperta, per lanciare un ultimo sguardo al San Mungo, il mio senso dell'orientamento rimane pessimo. E non solo quello. Nonostante si fosse ormai abituato al clima della Windy City - un nome, una garanzia - aveva dimenticato quanto fosse umido il clima londinese: se non pioveva, nevicava e se non nevicava, c'era la nebbia e se non c'era la nebbia, pioveva. Steve sembrava non avere problemi, con quella sua splendida giacca di pelle elegantemente lasciata ciondolare oltre le spalle. Hockey, confermò con una leggera traccia di arroganza e orgoglio, Ma non parlarmi dei Bruins, sanguinerò rosso Blackhawks fino al giorno della mia morte. Drew lasciò correre l'accenno ai Patriots e alla NFL, non essendosi mai appassionato al football e, di conseguenza, non avendo mai approfondito l'argomento. Era molto più interessante, invece, l'accenno alle sue origini e alla morte del padre, anche se forse non era il caso di insistere troppo. Mi spiace molto per tuo padre. Dopotutto si erano appena conosciuti e forse Steve non aveva voglia di mettersi a dare spiegazioni al primo venuto. Mi sono trovato benissimo. Cambiare argomento e tornare a parlare di lavoro forse era più adeguato a una prima conversazione, Ci sono delle differenze, ma tutto sommato le basi sono le stesse e una buona parte del nostro lavoro è anche il rapporto con i pazienti: mi sembra che entrambi ce la caviamo in quello. Drew poteva iniziare a flirtare anche con l'acqua o con i sassi, ma aveva sinceramente apprezzato la competenza dell'infermiere durante la loro mini emergenza lavorativa e come si era premunito ad anticipare e guidare le richieste dei pazienti: ed era inutile negarlo, la competenza lavorativa era affascinante. Ah, che sfiga. Interrompere una vacanza o anche un'esperienza lavorativa in Africa per un mancato vaccino doveva essere stato veramente desolante, lui l'avrebbe rimpianto tutta la vita. Deve essere stata un'esperienza magnifica comunque. Ma che ne sai Drew? Ma taci, non tutti sono necessariamente come te. Mia madre, beh, ha deciso di risposarsi. Era felice per lei, come no. Si sentiva solamente un figlio ingrato che neppure sapeva che la donna che l'aveva messo al mondo e cresciuto tutta da sola avesse iniziato una relazione. Ho deciso di riavvicinarmi a casa e, sinceramente, è meno difficile procurarsi una Passaporta per Sheffield rispetto a una oltreoceano. I due ragazzi stavano camminando da una decina di minuti ormai, avvicinandosi a un edificio familiare che ricordava con l'affetto di quando aveva compiuto undici anni e un nuovo mondo gli era stato svelato. Stiamo andando al Paiolo Magico?

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    Mi piaceva che ci fosse una sorta di abitudine a proporsi a vicenda di finire il turno con una burrobirra; non c'era volta che chiedessi e che non trovassi qualcuno con sui uscire. Altre volte, erano gli altri che venivano a chiedere a me e mi facevano spesso venir voglia di concludere le serate così. E, visto che io lo trovavo così piacevole, non ci avevo pensato due volte ed invitare anche Drew, o -comunque- chiunque di nuovo passasse per il reparto. Non ero mai stato uno di quelli che se ne stavano per conto proprio e coltivavano solo il proprio orticello di amicizie. In più, il nostro caro guaritore Harris sembrava essere un tipo interessante. Lo attesi fuori qualche minuto, prima di vederlo uscire, con addosso quel paio di occhiali che gli donavano un aria più casalinga, quasi, e quella frase che sarebbe dovuta servire per scusarsi. Lo rassicurai nel dirgli che non avevo aspettato a lungo e che, comunque, forse sarebbe dovuta essere accortezza mia attenderlo in reparto. Fu un susseguirsi di scuse, finchè non lo fermai, rallentando di un passo il cammino: -Ok, smettiamola di scusarci a vicenda e ricominciamo da capo- scherzai, rivolgendogli uno sguardo divertito: -Ciao, buon fine turno! Andiamo?- esclamai restituendo il via alla conversazione e riprendendo a camminargli a fianco, dimenticandoci di quella scenetta appena usciti dal reparto. Mi concentrai, invece, sul suo senso dell'orientamento. Schioccai la lingua al palato: -Allora sei in buone mani- lo rassicurai, abbassando lo sguardo alle mie scarpe che calpestavano il selciato della strada: -Ne ho io abbastanza per entrambi- gli rivolsi un occhiolino, prima di avviarci finalmente lungo Diagon Alley e iniziare a conoscerci un po'. A quanto pare era una appassionato di Hockey babbano, il che mi fece intuire che, probabilmente, fosse un mezzosangue come me, se non un nato babbano. Mi trovai subito a mio agio nel parlare di quegli argomenti, donando un senso di leggerezza alla conversazione. Risi, quando accennò alla sua squadra ed alzai una mano in segno di resa: -Non accennerò mai più a nessun'altra squadra, promesso- lo assecondai, prima di raccontargli alla ben'e meglio di cio che legava gli Stati Uniti a me; che poi non niente popò di meno che la mia nazionalità. La doppia cittadinanza era qualcosa di cui andavo quasi fiero. Sollevai le spalle, quando accennò a mio padre: -Figurati, son passati più di vent'anni- commentai scuotendo la testa. Quasi non me lo ricordavo più. Non che mi rabbuiasse parlare di lui, ma non era decisamente l'argomento più appropriato per un primo approccio. Mi buttai quindi a parlare di come fosse stato affrontare la specializzazione a Chicago e sorrisi, osservandolo interessato, mentre mi rispondeva. Chiusi un occhio, arricciai il naso e gli sorrisi, quasi a rivolgergli un occhiolino complice, quando commentò la nostra competenza: -Credo ci troveremo proprio bene a lavorare assieme- confermai annuendo, lasciando scivolare uno sguardo lungo la sua figura, prima di alzare nuovamente lo sguardo davanti a noi, alla strada. Gli raccontai della mia esperienza in Africa -troppo breve per essere considerata importante nella mia carriera- e sbuffai assieme a lui quando commentò la mia sfortuna: -Non me ne parlare; avrei dovuto fare un anno e son riuscito a fare solo quattro mesi- scossi la testa, passandomi una mano sul viso. alzando gli occhi al cielo: -Mi piaceva molto, avrei fatto volentieri quell'anno e magari ne avrei aggiunto un altro- sollevai le spalle, prima di sbuffare fuori da naso: -Oh, beh! Son giovane, magari ho ancora qualche anno dove posso provare e partire di nuovo, non si sa mai!- sorrisi. Mi piaceva lasciarmi aperte più porte e non avevo intenzione di precludermi nessuna possibilità. Se mi fosse saltato in mente di partire, sarei partito. Certo, magari non adesso che il Mondo Magico britannico sembrava essere in difficoltà.
    E, a proposito, gli chiesi se lui fosse rientrato da poco in Gran Bretagna e seguii il suo racconto con interesse, mentre ci avvicinavamo al pub: -Oh, beh! Congratulazioni alla mamma, allora- annuii con un sorriso: -E hurray! per noi che abbiamo acquisito un nuovo bravo guaritore- aggiunsi: -Ora brindiamo- lo rassicurai - o minacciai?- prima di afferrare la giacca con la mano e sfilarla dalla spalla, lasciandola penzolare dal pugno quando l'insegna del Paiolo Magico comparse dopo la curva. Voltai la testa con un sorriso soddisfatto, quando Drew chiese se stessimo andando a quel preciso pub: -Esattamente- annuii orgoglioso: -E' il nostro punto di riferimento sia per la burrobirre post-lavoro, sia per alcuni pranzi o cene di reparto- sollevai le spalle, prima di aggrottare le sopracciglia: -Per far serata, di solito preferiamo l'Oblivion o il Pandemonium, che sono due night-pub, sempre qui a Diagon Alley- gli spiegai, giungendo alla spessa porta di legno del locale: -Ma partiamo con calma, mh?- gli sorrisi sghembo, afferrando la maniglia e voltandomi verso di lui: -Non vogliamo farti scappare di nuovo a Chicago- scherzai, marcando il nome della città con uno smaccato accento statunitense. Gli rivolsi un altro occhiolino, prima di aprire la porta e farlo entrare per primo: -Dai, avanti, prendiamoci questa burrobirra. Sto morendo di sete- sbuffai, seguendolo dentro e cercando con lo sguardo i miei colleghi. Beh, intanto avremmo ordinato al banco, poi avrebbe deciso che fare.

    #5F9EA0 Parlato #778899 Pensato
     
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    Mi sembra più che giusto. Sembravano essersi bloccati un'impasse di cortesia - anche reale, per carità - ma che imponeva ai due ragazzi di continuare a scusarsi senza uscire da questo circolo vizioso. E' colpa mia, no, la colpa è mia. Fortunatamente Steve sembrava pensarla allo stesso modo e propose di buttarsi alle spalle quella piccola defaiance, per poi iniziare a incamminarsi verso il locale dove avrebbero incontrato gli altri loro colleghi. Ciao Steve, grazie per l'invito. Una birra era proprio quello che ci voleva dopo le ore trascorse in turno, anche se fortunatamente non era successo nulla di tragico: tuttavia, era sempre piacevole instaurare le buone tradizioni e Drew era per natura un'anima socievole, che dava il meglio di sé in compagnia di persone che amava e rispettava. Al tempo stesso era una pessima persona, incapace di resistere alle tentazioni e - ammettiamolo - alcune di queste erano davvero divertenti. Per questo, alla generosa offerta dell'infermiere, non riuscì a resistere ad affilare il sorriso e a lanciare uno sguardo di apprezzamento alle mani del ragazzo per poi tornare a guardarlo negli occhi. Guarda che ti prendo in parola, eh: la prossima volta che mi serve un chauffeur chiederò a te. Era una pessima idea? Beh, di solito erano le più divertenti e un po' di sano divertimento ancora non aveva ucciso nessuno e poi, diciamocelo, ma Drew faceva davvero fatica a dirsi di no. Meglio passare a un argomento di conversazione meglio pericolosa, dai. Bravo, in cambio puoi parlarmi dei Patriots e prometto di non addormentarsi. In realtà avrebbe continuato a parlare anche dei Boston Bruins, con quel ragazzo, ma forse era meglio mantenere un po' di mistero e non scoprire fin da subito le proprie carte, no? Vent'anni. Erano passati diciassette anni da quando Drew aveva perso suo padre e ancora c'erano giornate in cui cercava il suo volto nelle facce dei passanti: probabilmente era diverso, però. Il padre di Steve era venuto a mancare, non era scappato di casa sentendosi inferiore alla moglie e al figlio. Drew scosse leggermente la testa, per allontanare quei pensieri a cui non amava mai dare troppa corda, specie in situazioni come questa, per poi lanciarsi a parlare della propria specializzazione a Chicago. "Credo che ci troveremo proprio bene a lavorare assieme. Sapeva di non essere una bellezza tradizionale - non era il classico biondo con gli occhi azzurri come qualcuno di nostra conoscenza, per intenderci - ma sapeva anche che gli anni passati in piscina di certo avevano contribuito a dargli una certa figura e che non lo facevano sfigurare. Per questo, Drew accolse l'occhiata dell'altro ragazzo con un sorriso soddisfatto, cercando di fargli passare il messaggio che l'aveva notata. E non gli era dispiaciuta. E chi lo sa? Magari con la tua esperienza potrai fare anche un'esperienza migliore rispetto a quella che avresti fatto un paio d'anni fa. Non era esattamente la sua politica di pensiero, che meglio si configurava nel famoso detto latino "Carpe Diem - anche conosciuta come, "perchè ci stiamo ancora pensando? - ma, ovviamente, ognuno era libero di vivere la propria vita come meglio credeva. Ed erano ormai passati gli anni in cui Drew avrebbe cercato di convincere gli altri delle proprie teorie o simili. Vivi e lascia vivere. Grazie, riferirò il prossimo riposo quando andrò a trovarla. Dopotutto era per questo che era rientrato a Londra, per essere più vicino a sua madre e se non fosse mai andato a trovarla, ne avrebbe vanificato lo sforzo. Allora il primo giro lo offro io: dopotutto, sono o non sono il nuovo arrivato? Il Paiolo Magico era un'istituzione ed era contento che avrebbe potuto trascorrere le ore dopo il lavoro in quel locale, in compagnia di quei colleghi ma... interessante. In qualità di mio nuovo chauffeur, allora, hai l'onere e l'onore di accompagnarmi anche in questi due locali e fidati. Un nuovo sorriso sghembo, complice. Stava esagerando? Per Salazar, era così divertente. Io e la calma non andiamo per niente d'accordo.
    Drew entrò per primo, accettando il gesto da cavaliere dell'altro ragazzo che aveva deciso a farlo passare per primo e, al suo suggerimento, si diresse verso il bancone contento di potersi godere quella situazione ancora per un altro paio di minuti: una volta attirata l'attenzione del barista, avrebbe ordinato le due Burrobirre. Ricorda il primo giro offro io.

    ~ PARLATO: #689564
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    Ero conosciuto per essere un tipo che prendeva sempre le situazioni in mano, soprattutto quando c'era bisogno di una svolta. Non avevo paura di assumermi le conseguenze delle mie azioni nel dare una svolta ad una situazione statica, anzi. Mi prendevo meriti e colpe, ma, per lo meno, smuovevo le montagne. Spesso al lavoro prendevo decisioni drastiche, quando sapevo che potevano portare ad un beneficio per i pazienti e i miei colleghi, medimaghi e guaritori avevano imparato a fidarsi di me, come io -ogni giorno- mi fidavo di loro. Avevo condotto studi, mi ero specializzato, avevo raccolto informazioni e conoscenze per potermi permettere di assecondare con sicurezza quella mia tendenza che traspariva in molti aspetti della mia vita. Incluso quando dovevo tirare fuori me ed un nuovo collega da un'impasse di gentilezza che non avrebbe portato da nessuna parte. Dall'altra parte trovai una persona d'accordo con me, che assecondò quella mia ripartenza e al quale io risposi con un sorriso: -Ecco, ora va meglio- commentai, ora decisamente meno impacciati e più liberi di esprimerci di prima. Ci avviammo al Paiolo Magico chiacchierando di diversi argomenti e raccontandoci un po', scoprendo come l'uno potesse essere l'ancora di salvataggio dell'altro in caso di disorientamento. Annuii, facendo schioccare la lingua al palato e strizzando un occhio: -Tienimi pure in considerazione- lo rassicurai: -Al massimo ci perdiamo in due, che è sempre meglio che perdersi da soli- puntualizzai, scherzando con la mia solita spavalderia. Non mi nascondevo o non negavo i miei errori; se mai ci fossimo persi, sarebbe stato anche per causa mia, ma ne avremmo ricavato qualcosa di costruttivo per entrambi, in qualche modo. Che, comunque, già conoscersi dalle piccole cose permetteva di costruire piccole basi per una buona conoscenza, anche se voleva dire parlare di sport babbani quasi l'hockey ed il football. Risi al suo accenno ai Patriots, al quale scossi la testa: -Non sono un fan del football- lo rassicurai, sollevando le spalle: -Ho imparato ad apprezzare il Quidditch, ancora di più quando ho cominciato a praticarlo a scuola e ora seguo solo quello come sport- gli spiegai, prima di alzare uno sguardo a lui: -Ma mi farò volentieri una cultura sull'hockey se avrai bisogno di qualcuno con il quale commentare le partite- lo rassicurai. Perchè aggiungere altre informazioni alla cultura generale era sempre un punto in più, un nuovo spunto di conversazione e qualcosa che gli altri potevano non sapere ed io potevo tirare fuori a sproposito nei discorsi. Sapete che goduria?
    E, a proposito di conoscere sempre cose nuove, sapere che Drew aveva studiato a Chicago mi incuriosì, per capire un po' la differenza di tecniche, conoscenze e abitudini che c'erano tra uno stato e l'altro. Avremmo potuto arricchirci a vicenda, tanto che commentai che sarebbe stata un'esperienza arricchente lavorare l'uno affianco all'altro. Non arrivò nessun commento a riguardo, ma uno sguardo eloquente al quale risposi con un assenso ed un sorriso altrettanto soddisfatto, prima di parlare della mia esperienza in Africa e -magari- di un ritorno. Non avevo mai provato il Mal d'Africa, ma indubbiamente mi sarebbe piaciuto tornarci. Con l'esperienza che avevo accumulato poi, avrei davvero potuto aiutare. Allungai uno sguardo davanti a me: -Sì, magari- annuii, prima di restare in ascolto, un po' della sua storia e di come era tornato in Gran Bretagna. Non ero solito parlare di famiglia con persone appena conosciute, quindi lasciai cadere l'argomento. Se avessimo voluto rivangarci sopra, avremmo potuto farlo in altre occasioni. Ma non quella sera, dove lo scopo era quello di dare il benvenuto a quel nuovo guaritore e finirci il turno in allegria.
    Giunti, quindi, al pub, lo incoraggiai godersi la serata e lui rispose, annunciando che il primo giro sarebbe stato offerto da lui. Sorrisi, arricciando il naso: -Sicuro? Non sai neanche quanti colleghi ci sono ad aspettarci- commentai, sollevando un sopracciglio divertito, man mano che ci avvicinavamo al Paiolo Magico, che, come gli avevo appena spiegato, era decisamente il locale di scelta per le cose da tutti i giorni, pranzi, cene e aperitivi, ma non per le serate più ricercate. Alle sue parole, risi, gettando la testa all'indietro, poi alzai la mano libera dalla giacca, in segno di resa: -D'accordo, d'accordo! Dammi il tempo qualche settimana per organizzare -magari- una serata in uno di questi locali e ti ci porto- lo rassicurai., lanciandogli uno sguardo furbo. Ma sì, potevamo concedercela una serata alternativa. Divertito, aprii la porta del pub, lasciandoci entrare prima lui, mentre io avevo già cominciato a guardarmi attorno, a cercare gli altri. Senza vederli da nessuna parte, intanto incoraggiai Drew a raggiungere il bancone per ordinare da bere. Mi appoggiai al bancone dietro di lui, posando l'avambraccio al legno e allungando il collo, per attirare l'attenzione del barista. Mi chinai su Drew quando mi parlò, porgendogli un lato del viso per sentire meglio le sue parole sopra il fracasso del locale. Sorrisi sghembo: -Sì, d'accordo! Primo giro tu, secondo io- risposi con un occhiolino, battendogli una mano sulla spalla: -Ora impegniamoci ad attirare l'attenzione del barman- lo incoraggiai, seguendo il ragazzo allampanato che correva da una parte all'altra del bancone. Sembrava un trottola, chissà se saremmo riusciti a fermarlo.

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    Finalmente si era conclusa la parte di saluti, scuse et cetera e la conversazione poteva procedere spedita. Drew non era bravo nei convenevoli, spesso li trovava noiosi e banali, mentre trovava più divertente quel banter leggero che si era instaurato con il ragazzo più grande con il quale scopriva di essere rilassato abbastanza da conversare su quasi tutto. Tutto è meglio in compagnia, ribatté il Guaritore nella speranza di stuzzicare Steve e spingerlo a rivelarsi un pochino di più. Era uno dei suoi più grandi pregi - o difetti, che dir si voglia - insistere nel cercare i punti deboli delle persone, o comunque argomenti che potessero infastidirli, e riutilizzarli più e più volte, come a volerle desensibilizzare: ovviamente, avevo anche io una morale e cercavo sempre di non essere gratuitamente crudele. C'erano delle eccezioni, certo, ma non era questo il caso. Oh, grazie a Salazar. Drew non riuscì a trattenersi, l'esclamazione di sollievo gli uscì spontanea, così come un bel sorriso di ringraziamento, Ti assicuro che mi sarei sforzato eh, ma il risultato sarebbe stato disastroso. Con un bel ragazzo avrebbe potuto parlare anche del tempo, eh, ma c'era un limite anche al suo spirito di sacrificio. Giocavi a Hogwarts?, domandò cercando di ricordare se l'avesse mai visto durante qualche partita, ma sinceramente non faceva molta vita sociale in quegli anni e poi non sapeva neppure in quale Casa fosse stato smistato, In quale ruolo? Effettivamente aveva fatto un po' l'eremita a Hogwarts, ma lo status di Mezzosangue, smistato a Serpeverde, non aveva aiutato durante gli Anni del Terrore, come li aveva graziosamente soprannominati: era qualcosa, però, che si ritrovava sempre più spesso a rimpiangere e, nonostante avesse cercato di rimediare durante gli anni della specializzazione a Chicago, niente avrebbe potuto restituirgli quella parte di adolescenza vissuta solamente a metà. Per questo motivo, adesso, erano veramente pochi i limiti e le restrizioni che imponeva a sé stesso, flirtare con un nuovo collega non rientrava affatto in quella categoria: sempre che stesse interpretando i sorrisi e le occhiate nella maniera corretta, ma sinceramente anche se si stava sbagliando non si sarebbe posto troppi problemi. Oh, beh, al massimo finirò il primo stipendio prima ancora di averlo ricevuto. Drew scrollò le spalle con indifferenza, ma guardandolo con esasperato divertimento. Non si era mai posto il problema dei soldi anche se non aveva mai navigato nell'oro: la sua intenzione, comunque, era un filo differente rispetto a quanto alluso da Steve, ma non lo avrebbe corretto anche se questo avrebbe potuto significare offrire da bere a ogni membro dello staff del San Mungo. Chi ha orecchie per intendere, intenda insomma. Va bene, Steve, allora porterò un po' di pazienza ma mi aspetto una serata spettacolare. Se il risultato era una serata fuori, in uno di questi locali di cui sentiva parlare quella sera per la prima volta, allora avrebbe esercitato un po' di quella virtù di cui andava tanto scarso. Finalmente arrivato al bancone del bar - Drew era una creatura socievole per carità, ma sembrava che l'intero Mondo Magico si fosse dato appuntamento al Paiolo quella sera - accettò di buon grado la proposta dell'Infermiere di fare a turno, per poi cercare di ottenere l'attenzione del barman arrivando quasi a trattenerlo dal correre via nuovamente. La pazienza? Non rientrava proprio nelle sue virtù. Hei, love, possiamo avere due medie?, domandò al ragazzo allampanato dagli assurdi capelli color fragola, per poi rivolgersi nuovamente a Steve, Bionde?


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    Tutto è meglio in compagnia. Sogghignai, abbassando lo sguardo, lasciando scivolare via quel commento. Ero una persona con una mente un tantino fantasiosa. Non era insolito trovarmi a ridere di frasi che solo io trovavo particolarmente compromettenti e, spesso, ricevo anche occhiatacce quando la gente capiva la mia perversione. Quella frase, però, sembrava esser stata messa lì appositamente per farmi dubitare del senso intrinseco delle parole, alche sollevai uno sguardo sbieco al ragazzo con un sorrisetto accennato: -Non posso che essere d'accordo- accennai, sollevando ora il mento, infilandomi la mano libera dalla giacca nella tasca dei pantaloni. Lo lasciai così, con quel commento indefinito, lasciando che la conversazione si spostasse su altri argomenti. Lo sport aveva sempre avuto uno sport importante nella mia vita: avevo giocato a Quidditch fin da quanto ero piccolo ed avevo sempre seguito la partite delle diverse squadre, lasciandomi ispirare. Poi, quando avevo cominciato a lavorare, avevo lasciato un po' andare la scopa e mi ero dedicato, invece, a qualcosa di più semplice da gestire; una corsa, un po' di palestra, giusto per tenermi in forma, ma anche per sfogarmi e allentare le pressioni della giornata. Però non avevo proprio mai considerato il football, neanche di sfuggita, sebbene a Boston fosse amato, come sport. Perciò, sebbene non mi fossi tirato indietro di fronte ad una conversazione con Drew, dove avrebbe potuto raccontarmi tutto del football, io ci avrei capito poco niente e glielo dissi, sinceramente. La sua reazione mi fece ridere sonoramente, tanto che mi portai una mano allo stomaco, prima di scuotere la testa: -Quasi mi sarebbe piaciuto vederlo ora- commentai, prima di placare la risate e tirare su con il naso, guardandolo ora più curiosa: -Comunque...Salazar, uh? Ex serpeverde?- gli chiesi, sollevando un sopracciglio con un sorriso. Non ero ancora riuscito ad inquadrarlo bene da poterlo racchiudere in una casata, ma erano le proprie le persone che non rientravano negli standard canonici quelle più interessanti. Annuii, schiarendomi la gola, alla sua domanda: -Già! Battitore Corvonero- sorrisi, rivelandomi subito, posandogli un occhiolino addosso, prima di lasciarmi andare ad una risata rassegnata: -I miei amici mi dicono sempre che non avrei potuto essere altro che un battitore- alzai gli occhi al cielo, sbuffando una risata dal naso, prima di sospirare: -Ma, in realtà, ero davvero bravetto!- esclamai. Non bravo da diventare capitano della squadra, ma me la cavavo bene. Poi, comunque, avevo altre ambizioni, che mi avevano portato lì, ad amare il mio lavoro, ad essere bravo ed apprezzato e, soprattutto, realizzato, a lavorare con persone con le quali mi piaceva anche uscire assieme. Ero soddisfatto.
    Ed entrare in quel locale con quella consapevolezza era sempre bello. Sorrisi alla battuta di Drew, quando accennò al suo stipendi ed io posai lo sguardo su di lui, mentre si avviava al bancone. Lo affiancai: -Altrimenti, offri solo a me- scherzai, sospingendolo appena con un colpo di spalla: -Non lo dirò agli altri- aggiunsi abbassando la voce come a sussurrargli quelle parole all'orecchio, mentre posavo lo sguardo sulla trottola dall'altra parte del bancone che continuava avanti e indietro. Nel mentre, gli spiegai un po' di come si strutturavano le serata lì nella Londra magica e mi ritrovai a promettergli una serata in uno dei due locali di punta. Alle sue parole mi morsi il labbro inferiore: -Cercherò di fare del mio meglio, tu impegnati a trovare qualcuno da portarti che facciamo combriccola- annuii, allungando uno sguardo al bancone, appoggiandomi con l'avambraccio al legno, cercando di sporgermi per attirare l'attenzione del ragazzo. Lo osservai passarci davanti un paio di volte finché Drew, di slancio, riuscì a fermarlo. Sollevai un sopracciglio, posando nuovamente uno sguardo su di lui a quel suo modo di fare, trattenendo un sorrisetto un po' stranito. Annuii, poi alla domanda, distogliendo lo sguardo che sostava su di lui per rispondere alla domanda: -Sì, perfetto- annuii di slancio, prima che il tipo ripartisse di nuovo, alla volta delle nostre birre. Mi voltai, quindi, nuovamente verso il guaritore, posandomi una mano sul fianco: -Love- lo scimmiottai, divertito: -E' così che si fa a Chicago?- lo presi in giro, divertito. Anche io ogni tanto mi lanciavo in qualche soprannome del genere, ma solo con chi conoscevo bene. Era curioso vederlo applicato a sconosciuti.

    #5F9EA0 Parlato #778899 Pensato
     
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    Oh bene. La serata stava andando di bene in meglio, Drew adorava quando le persone riuscivano a cogliere le allusioni che non tanto velatamente lanciava, anche se ancora non era riuscito a trovare nulla che in qualche modo crepasse l'immagine che l'Infermiere stava proiettando di sè stesso. Oh, beh, aveva tutta la serata per provarci. Per questo motivo, ricompensò il sogghigno di Steve con un sorriso allusivo e divertito: il classico "so cosa stai pensando e sto pensando anche io alla stessa cosa. Oh, no. Penso ci saremmo entrambi annoiati a morte, ammisi divertito, quando il ragazzo si mostrò fintamente deluso dal mio mancato tentativo di parlare di football, E se c'è una cosa che non sopporto è la noia. Purtroppo la conversazione si era spostata su argomenti più neutrali, quali gli sport che entrambi apparentemente apprezzavano anche se con qualche differenza: non aveva mai praticato Quidditch, anche se quando era più giovane ne era stato un estimatore, ma il non troppo allegro clima che si respirava quotidianamente a Serpeverde l'aveva dissuaso dal provare a trovarsi appeso a una scopa, a cinquanta e passa metri di altezza rispetto al suolo. Nonostante tutto, come ogni buon Serpeverde che si rispetti, il suo istinto di sopravvivenza era ben sviluppato. Quello e il bisogno di eccellere in ambito professionale. E a tal proposito, In carne e ossa. Sebbene non avesse le caratteristiche tipiche dei membri di quella Casata e sebbene i ricordi di Hogwarts non fossero del tutto sereni, ricordava ancora con chiarezza l'emozione provata il giorno del proprio Smistamento - quell'orgoglio macchiato solo dalla consapevolezza che c'era una parte di lui, un'enorme parte di lui che suo padre non poteva accettare. Vedere per credere, Mr. Battitore provetto. Quanti anni avevano di differenza? Poteva aver visto qualche partita in cui il ragazzo giocava? Mnm, forse si era tenuto più in disparte di quanto aveva supposto una volta raggiunti gli States per iniziare un nuovo capitolo della sua vita. Una volta entrati al Paiolo Magico, Drew ricordò al ragazzo che il primo giro spettava a lui, scherzando poi sullo stipendio che avrebbe più che volentieri speso in serate simili. Sarà il nostro segreto, concordò, imitando il tono cospiratorio di Steve, per poi continuare, Non sono divertenti i segreti? Forse "divertente" non era esattamente l'aggettivo che Drew avrebbe utilizzato, ma perchè non continuare a giocare un po' con l'ex Corvonero? Dopotutto, doveva ancora trovare la molla che lo faceva scattare. Non vedeva l'ora di andare a testare questi due locali di cui aveva appena parlato Steve, contento che ci fosse la possibilità di lasciarsi andare almeno per qualche sera anche nella rigida Inghilterra. Oh, ma come mio chauffeur hai l'onore di fornirmi anche la compagnia adeguata. Sarebbe stato difficile organizzare una Passaporta per Chicago per far arrivare le ragazze, ma non impossibile: per il momento, però, avrebbe dovuto impegnarsi un po' per allargare la propria cerchia di conoscenze nella Capitale inglese che al momento contava unicamente colleghi e pazienti. Oh, e i tirocinanti ma quelli erano ragazzini. Dopo qualche tentativo a vuoto di Steve, finalmente il Guaritore riuscì ad attirare l'attenzione del barista e ordinare. Oh, esclamò al commento dell'Infermiere e, allargando un sorriso quasi predatore, gli posò una mano leggera sul braccio, non devi essere geloso, babe.

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    Non posso dire che la prima volta che mi trovavo ad intrattenere conversazioni del genere con gente appena sconosciuta. Da persona estroverta e alla mano qual ero, mi presentavo sempre genuino e diretto, senza preoccuparmi di nascondermi o fare il misterioso. Per lo meno, non intenzionalmente. Mi lasciavo andare, soprattutto con persone come Drew che sembravano a proprio agio con il mio modo di fare; sapevo, tuttavia, modulare il mio atteggiamento in base alla risposta che ricevevo dal mio interlocutore ed era questo che mi rendeva così versatile nel mio lavoro. Con i pazienti e i colleghi che non si lasciavano intimorire dallo Steve easy-going, mi permettevo di essere un po' più rilassato, con coloro, invece, che volevano mantenere una certa distanza, garantivo loro tutta la riservatezza del mondo. Ero contento, però, di aver trovato un altro guaritore con il quale potermi comportare tranquillamente e scherzare, senza aver paura di ledere il suo ego se non lo chiamavo per cognome e non gli davo del Lei. Solitamente, per mia modesta esperienza, erano anche i guaritori e medimaghi migliori, con più umiltà e che quindi curavano i pazienti basando le loro cure non solo sulla loro onniscienza, ma su studi, ricerche e confronti con tutti. Da come l'avevo percepito, in quel primo turno, il guaritor Harris era uno di quelli bravi, nonostante l'età.
    Un bravo sanitario ed un simpatico ragazzo, meglio di così! Ottimo per trascorrere i fine turni, qualcuno con il quale, appunto, non si sarebbe caduti nella noia, come lui prontamente mi aveva appena detto. Sorrisi, sbuffando una risata dal naso: -E' anche per questo che abbiamo scelto questo lavoro, no? Non ci si annoia mai: ogni paziente è diverso ed ogni nuovo caso una sfida- mi confrontai con lui. Io ero ambizioso, avrei potuto essere un Serpeverde per quello, così come avrei potuto essere un Grifondoro per la mia impulsività e testa calda. L'ambizione, però, l'avevo traslata su un altro piano, preferendo diventare infermiere piuttosto che mediamo o guaritore. Loro dovevano specializzarsi, loro si focalizzavano su principali malattie, sistemi, guarigioni e cure. Vedevo, invece, l'infermiere una figura che doveva sapere un po' di tutto, che poteva saltare da un reparto all'altro, che si trovava a gestire tra i più disparati casi, soprattutto nel reparto del Pronto Soccorso. Lì si susseguivano i diversi specialisti, ma gli infermieri erano sempre i soliti. Quella era la mia ambizione; sapere più cose possibili. Per questo, probabilmente, ero Corvonero. E non sapevo se andarne fiero, ma ero lì per un motivo. Drew, invece, sembrava essere orgoglioso di esser stato Serpeverde. Sollevai un sopracciglio con un sorrisetto, prima di scoppiare a ridere di nuovo, alle sue successive parole: -Oh! Oh, Dio!- risi, scuotendo la testa: -Ho detto "ero"- alzai un dito in difesa, voltandomi verso di lui: -Non posso assicurare nulla ora- scherzai, mentre ci avvicinavamo sempre di più al Paiolo Magico. L'ultima volta che avevo giocato a Quidditch era stato con Chris e Noah ed eravamo finiti a ridere come deficienti, sdraiati sull'erba del campo da Quidditch. Decisamente poco sportivo.
    Scossi la testa con un sorriso a quel ricordo, prima di seguire Drew per prenderci il nostro primo ordine, che lui si era offerto di offrire. Effettivamente, non avevo considerato se l'avesse proposto solo a me e non a tutta la compagni, quindi mi diedi la possibilità di recuperare, assicurandolo che non avrei detto nulla a nessuno, se avesse offerto solo a me. Sorrisi vago alle sue parole assottigliando lo sguardo: -Divertenti non è proprio il termine che utilizzerei- commentai, sporgendomi, cercando di recuperare il barista, ma fallendo. Ci prendemmo, quindi, qualche minuto per parlare di quelle serate, ben più impegnative di quelle lì che io mi proposi di organizzare. Gettai la testa all'indietro, alzando lo sguardo al soffitto, quando lui mi rispose che avrei potuto pensare anche alla compagnia e risi, chiudendo gli occhi; tra Harry, Noah, Sissi, Ashley -che da settembre avrei portato a far serata, a costo anche di legarla e sequestrarla- Chace -che anche quello l'avrei fatto uscire- Chris e compagnia bella, Drew avrebbe fatto a tempo a pentirsi di vermi chiesto di "fornirgli la compagnia adeguata". Sospirai, tornando a guardarlo: -D'accordo, sfida accettata- scherzai, quando vidi Drew quasi buttarsi sul bancone per fermare il cameriere e ordinare. Il modo in cui gli si rivolse mi stranì, così che quando lo lasciò andare, mi voltai verso di lui, stuzzicandolo. Risi divertito alla sua risposta, scuotendo la testa: -Cos'è? Una sorta di kink?- lo presi ignoro, mantenendo tuttavia la conversazione su toni leggeri, senza porre tono di giudizio nelle mie parole. Dopo tutto, ero una persona molto liberale, soprattutto quando si trattava di scelte simili.

    #5F9EA0 Parlato #778899 Pensato
     
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    Drew amava quella sensazione, aveva promesso a sé stesso che, nonostante fosse tornato a Londra, non sarebbe caduto nuovamente nelle solite dinamiche scolastiche - nascondersi e cercare di non attirare l'attenzione. Non era più quel ragazzino spaventato che era scappato dall'Inghilterra per non affrontare i suoi demoni, non sapendo che quelli lo avrebbero seguito anche negli States: a Chicago aveva scoperto - o riscoperto, che dir si voglia - sé stesso e insieme a Daisy aveva affrontato tutto un percorso per riuscire a mettere gli anni del Terrore alle spalle e andare avanti con la sua vita. Avrebbe detestato se tutti gli sforzi e la fatica fatti fossero stati resi vani appena toccato nuovamente il suolo inglese. Eppure, in questo momento era lì, al Paiolo Magico in compagnia di un bell'infermiere del San Mungo, dopo un turno di lavoro soddisfacente e i terrori scolastici erano solo un ricordo. Così come doveva essere, dopotutto. E' questo il motivo per cui sei diventato infermiere? Ricordava come non sempre gli studenti fossero stati liberi di accedere all'Infermeria scolastica a causa di un pregiudizio così risibile come lo stato di sangue e come quel pensiero lo avesse spinto a scegliere quella via. Una volta iniziati gli studi, la sua naturale ambizione l'aveva spinto a cercare di eccellere nel proprio campo, di diventare il migliore in modo che, nonostante tutto, potesse avere la certezza di aver dato il massimo per ciascun paziente. Non era dio, ma dio se ci provava ad esserlo. No, non rispondermi ora, preferisco cercare di scoprirlo da solo e a fine serata mi dirai se ho ragione o meno. Aveva appena cercato di accaparrarsi l'attenzione dell'altro ragazzo per tutta la serata? Sì, effettivamente lo aveva appena dato per scontato ma Drew era pur sempre fatto così, abbastanza egoista specialmente quando si trattava di mantenere su di sé l'attenzione di persone a suo parere interessanti. Inoltre, se Steve non era costretto a rispondere adesso sul perché fosse diventato Infermiere neppure lui avrebbe dovuto confrontarsi con quella domanda e con i fantasmi che ne derivavano. Era stata una bella giornata e tutto quello che desiderava per concluderla era una birra con una compagnia più che piacevole. Ma così mi fai cadere un mito, si lamentò scherzando, guardando l'infermiere ridere per poi continuare con un sorriso malizioso, ed io che ero già pronto a tirare fuori i pon pon colorati e la mia divisa da perfetta cheerleader. Una volta entrati, i due ragazzi si diressero verso il bancone per ordinare, continuando con quel banter che sempre di più riusciva a mettere il Guaritore a suo agio: Drew si offrì di pagare per il primo giro, ridendo per l'incomprensione dell'altro ragazzo e, soprattutto, per la risposta che gli era appena stata regalata. E quale termine utilizzeresti, tu? Probabilmente anche lui avrebbe utilizzato una parola differente rispetto a divertenti, ma era proprio la situazione ad esserlo e alla fine della fiera Drew era pur sempre Drew. Stava ancora cercando di forzare un po' l'altro ragazzo ad aprirsi e a rivelarsi, il tutto senza esagerare, ovviamente: c'era una linea sottile e fare l'equilibrista era pur sempre divertente. It's a date. Non vedeva l'ora di andare a fare serata in uno di quei locali di cui Steve aveva parlato, un po' gli mancavano le serate passate al Green Mill o all'Underground, gli mancava il sentirsi parte di una compagnia e il poter spegnere la testa per una sera, semplicemente esistere. Finalmente il Guaritore riuscì a ordinare le due birre, attirando la curiosità dell'ex Corvonero: il vizio di rivolgermi alle persone con i pet names gli era nato proprio a Chicago ed erano ormai dieci anni che la situazione era andata degenerando, ormai erano parte di lui. Un po' come il suo essere stato Serpeverde, un po' come il suo lavoro. Are you into it? domandò alla sua domanda, sorridendo con studiatissima malizia, Potrebbe esserlo. Prima che potesse andare avanti, la porta del Paiolo Magico venne aperta con forza e una cloaca di persone - purtroppo già familiari - fece la sua comparsa, interrompendo quella così divertente conversazione. Steve, Harris, che fate lì da soli? Venite che abbiamo riservato un tavolo.


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